Corte di Cassazione, sentenza n. 8411 del 5 aprile 2018
In materia di licenziamento disciplinare, l’immediatezza della contestazione integra un elemento costitutivo del diritto di recesso riflettendo l’esigenza dell’osservanza della regola della correttezza e buona fede nell’attuazione del rapporto. In conseguenza, l’interesse del datore di lavoro all’acquisizione di ulteriori elementi a conforto della colpevolezza del lavoratore non può pregiudicare il diritto di quest’ultimo ad una pronta ed effettiva difesa, sicché, ove la contestazione sia tardiva, resta precluso l’esercizio del potere e la sanzione irrogata è invalida (cfr. tra le altre Cass. 9 agosto 2013, n. 19115). Il principio dell’immediatezza della contestazione mira, da un lato, ad assicurare al lavoratore incolpato il diritto di difesa nella sua effettività, così da consentirgli il pronto allestimento del materiale difensivo per potere contrastare più efficacemente il contenuto degli addebiti e, dall’altro, nel caso di ritardo della contestazione, a tutelare il legittimo affidamento del prestatore – in relazione al carattere facoltativo dell’esercizio del potere disciplinare, nella cui esplicazione il datore di lavoro deve comportarsi in conformità ai canoni della buona fede – sulla mancanza di connotazioni disciplinari del fatto incriminabile (cfr. Cass. 8 giugno 2009, n. 13167).
Come più volte questa Corte ha avuto occasione di affermare, il criterio dell’immediatezza va inteso in senso relativo, poiché si deve tenere conto delle ragioni che possono far ritardare la contestazione, tra cui il tempo necessario per l’espletamento delle indagini dirette all’accertamento dei fatti, la complessità dell’organizzazione aziendale (fermo restando che la valutazione delle suddette circostanze è riservata al giudice del merito: cfr., per tutte e da ultimo, Cass. 25 gennaio 2016, n. 1248 e Cass. 12 gennaio 2016, n. 281).