Corte di Cassazione, sentenza n. 20617 del 7 agosto 2018
Le posizioni organizzative hanno natura temboranea, possono essere revocate prima della scadenza in relazione a mutamenti organizzativi dell’ente o a risultati negativi della gestione, sono attribuite tenendo conto «della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare, dei requisiti culturali posseduti, delle attitudini e della capacità professionale ed esperienza acquisiti dal personale della categoria D» ( art. 9 CCNL 31.3.1999);
Le stesse, quindi, esprimono una funzione ad tempus, che non determina un mutamento di area e dì profilo professionale • ma comporta solo un mutamento di funzioni, le quali cessano al cessare dell’incarico ( Cass. 21890/2016), senza che «la restituzione ai compiti propri della qualifica possa concretare dequalificazione» ( Cass. n. 19009/2010);
Dalla natura delle posizioni organizzative discende che, così come accade per il conferimento degli incarichi dirigenziali in senso stretto, non è configurabile un diritto soggettivo del dipendente al conferimento e al mantenimento della funzione, in quanto l’Amministrazione è solo «tenuta al rispetto dei criteri di massima indicati dalle fonti contrattuali e all’osservanza delle clausole generali di correttezza e buona fede, di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento, di cui all’art. 97 Cost., senza tuttavia che la predeterminazione dei criteri di valutazione comporti un automatismo nella scelta, la quale resta rimessa alla discrezionalità del datore di lavoro» ( Cass. n. 2141/2017)