“Relazione del Presidente della Corte dei Conti sull’attività del 2018, nell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2019”, pp. 75-76
È stata specificamente affrontata la figura giuridica del c.d. “danno alla concorrenza”, illustrandone le caratteristiche ed i presupposti. Si è osservato, in proposito, che il danno non discende dall’accertamento della violazione di legge, ma deve essere deve esser adeguatamente provato, anche mediante presunzioni, e ben può essere determinato nel quantum in via equitativa ex artt. 1226 e 2056 c.c. (sent. n. 29/2018, sez. giur. Molise). Circa la quantificazione del danno alla concorrenza, è stata argomentata la necessità di una valutazione globale, prudenziale ed equitativa della differenza tra prezzo della commessa e valore dei fattori produttivi impiegati dall’imprenditore aggiudicatario, basata, da un lato, sulla non incidenza dell’utilità solo promessa, sulla difficoltà di pervenire ad una esatta quantificazione del danno stesso e sul concorso causale di altri soggetti, non evocati in giudizio, che, favorendo o, comunque, non impedendo la predisposizione di una rete di rapporti di influenze e di reciproci condizionamenti, hanno reso possibile il risultato illecito della condotta del convenuto, e, dall’altro, fondata sia sulla effettiva sussistenza di un’utilità indebitamente erogata, sia sulla esistenza di uno scarto comunque apprezzabile tra le offerte innanzi indicate, sia sulla distorsione del sistema comparativo concretamente applicato nella fattispecie, sia sul grado di incidenza della condotta (come detto, non esclusiva) del convenuto sulla causazione di un nocumento patrimonialmente rilevante (sent. n. 28/2018, sez. giur. Lombardia). Inoltre, il danno alla concorrenza è stato individuato nella differenza tra l’importo pagato e la minore somma, invece, che si era poi determinata in sede di confronto concorrenziale imposto dal tribunale regionale di giustizia amministrativa a seguito di contenzioso amministrativo promosso dal soggetto pretermesso (sent. n. 30/2018, sez. giur. Trentino – Alto Adige/Sudtirol sede di Trento). È stato ribadito il costante orientamento giurisprudenziale secondo cui “il danno alla concorrenza”, non diversamente da qualunque altra tipologia di danno patrimoniale, non può ritenersi sussistente in re ipsa per il solo fatto che sia stato illegittimamente pretermesso il confronto tra più offerte. Deve dirsi, piuttosto, che l’omissione della gara suscita il sospetto che il prezzo contrattuale non corrisponda al minor prezzo che sarebbe stato ottenibile dal confronto di più offerte. Trattandosi, però, pur sempre e soltanto di un sospetto, occorre dimostrare che, effettivamente, nel caso concreto, la violazione delle norme sulla scelta del contraente abbia determinato una maggiore spendita di denaro pubblico; dimostrazione raggiungibile con il ricorso a ogni idoneo mezzo di prova, quale può essere la comparazione con i prezzi o con i ribassi conseguiti a seguito di gara per lavori o servizi dello stesso genere di quello in contestazione (sent. n. 400/2018, sez. giur. Lazio). Anche il danno da tangente lede, nella sua plurioffensività, sia la corretta dinamica della p.a. che il libero competere sul mercato. Alcuni dipendenti di un comune, a seguito dell’accertamento, in sede penale, dei reati di abuso d’ufficio, corruzione, falso materiale ed ideologico sono stati condannati a risarcire il danno da tangente. Nella quantificazione del danno è stato considerato non solo la sinallagmaticità della misura economica della tangente, ma anche la valutazione equitativa dei vantaggi attribuiti agli illeciti percettori e la plurioffensività del reato di corruzione (sent. n. 21/2018, sez. giur. Lazio)