Corte di Cassazione Penale, sentenza n. 13807 dep 29 marzo 2019
La giurisprudenza di questa Corte ha da tempo sancito il principio secondo cui anche l’atto dispositivo — come è l’autorizzazione paesaggistica di cui si discute può essere ideologicamente falso, laddove trovi il suo presupposto, esplicito o implicito, in una parte descrittiva in cui si attesti, contrariamente al vero, l’esistenza di una data situazione di fatto costituente il presupposto indispensabile per il compimento dell’atto (Sez. U, n. 1827 del 03/02/1995, Proietti, Rv. 200117-01; tra le successive, ex multis, Sez. U, n. 35488 del 28/06/2007, Scelsi e altro, Rv. 236867 – 01; Sez. 1, n. 45373 del 10/06/2013, Capogrosso e altro, Rv. 257895 – 01; Sez. 5, n. 176 del 10/11/2005, dep. 2006, Di Rosolini, Rv. 233119 – 01; Sez. 5, n. 5397 del 14/10/2004, dep. 2005, Petramala, Rv. 230683 – 01)
Al tema della possibile falsità di un atto a contenuto dispositivo è strettamente connesso quello dei confini tra l’attività valutativa e quella vincolata che può precedere la scelta del pubblico ufficiale, a proposito dei quali può essere utilmente richiamata la giurisprudenza in tema di discrezionalità tecnica. Si è sostenuto, a tale riguardo, che, nel caso in cui il pubblico ufficiale, chiamato ad esprimere un giudizio, sia libero anche nella scelta dei criteri di valutazione, la sua attività è assolutamente discrezionale e, come tale, il documento che contiene il giudizio non è destinato a provare la verità di alcun fatto; diversamente, se l’atto da compiere fa riferimento anche implicito a parametri valutativi normativamente determinati o tecnicamente indiscussi, si è in presenza di un esercizio di discrezionalità tecnica, che vincola la valutazione ad una verifica di conformità della situazione fattuale a detti parametri, sicché l’atto potrà risultare falso se detto giudizio di conformità non sarà rispondente ai presupposti cui l’atto è vincolato. (Sez. F, n. 39843 del 04/08/2015, Di Napoli e altri, Rv. 264364 – 01; Sez. 5, n. 3552 del 09/02/1999, Andronico, Rv. 213366- 01; Sez. 5, n. 15773 del 24/01/2007, Marigliano e altri, Rv. 236550 – 01;. Sez. 5, n. 14283 del 17/11/1999, Pinto ed altri, Rv. 216123 – 01).
Nell’ambito del tema della cd. discrezionalità tecnica e nell’ottica della graduazione della vincolatività dei parametri predeterminati, si è altresì opinato che l’ambito di una possibile qualificazione in termini di verità o di falsità di un enunciato valutativo è variabile in ragione del grado di specificità o di elasticità dei criteri di riferimento (Sez. 5, n. 3552 del 09/02/1999, Andronico, Rv. 213366-01). E’ utile, infine, anche ricordare che questa Corte ha sancito il principio secondo cui un enunciato valutativo, fondato su un giudizio di conformità legale, può integrare la fattispecie del falso ideologico allorché sia correlato ad elementi di fatto non rispondenti al vero (Sez. 5, n. 49017 del 21/09/2004, Obertino, Rv. 231272-01)
In conclusione, dunque, può affermarsi che deve ritenersi falso l’atto a contenuto valutativo/dispositivo che sia fondato su falsi dati di fatto — anche allorché questi ultimi costituiscano il presupposto di un vaglio di conformità a legge della situazione oggetto della delibazione e/o che, per giungere alla formulazione dell’enunciato finale, contraddica criteri predeterminati indiscussi o indiscutibili
Orbene, sulla scorta dei principi sopra sinteticamente richiamati, si deve trarre la conclusione che il falso addebitato agli imputati sia insussistente. In primo luogo, è indiscusso che i dati di fatto (tra tutti, consistenza, ubicazione e destinazione delle opere) rappresentati dal tecnico di parte e valutati dal pubblico ufficiale fossero autentici