Consiglio di Stato, sentenza n. 4188 del 19 giugno 2019
In ordine logico, va prioritariamente ribadito che la compensazione del debito previdenziale con i crediti vantati dall’impresa nei confronti di altra pubblica amministrazione (diversa dall’ente previdenziale) opera alle condizioni previste dalla disciplina di diritto comune: purché vi sia la coesistenza dei rispettivi crediti e debiti (art. 1241 Cod. civ.) e sempre che gli stessi siano liquidi ed esigibili (art. 1243 Cod. civ.).
L’unico profilo derogatorio rispetto alla disciplina generale è rappresentato dalla mancanza della condizione di reciprocità perché i rapporti di credito/debito non intercorrono tra i medesimi soggetti: a fronte del debito che l’impresa ha nei confronti dell’ente previdenziale corrisponde un credito con altra pubblica amministrazione (tra quelle elencate dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 165 del 2001).
La certificazione prevista dal riportato art. 9, comma 3–bis, d.l. n. 185 del 2008 accerta la certezza, liquidità ed esigibilità del credito, e, dunque, in ultima analisi, la compensabilità dello stesso con effetti ex tunc, vale a dire sin dal momento in cui v’è stata coesistenza delle rispettive posizioni creditorie e debitorie. Essa non ha effetti costitutivi, ma meramente dichiarativi. Ne segue che l’impresa che abbia ottenuto la certificazione del proprio credito dalla pubblica amministrazione non è debitrice dell’ente previdenziale sin da quando il credito nei confronti di detta amministrazione ha acquisito i caratteri che ne consentono la compensabilità.
Logica conseguenza della ricostruzione svolta – sulla quale converge la stessa appellante – è che la posizione contributiva dell’impresa non può essere considerata irregolare per omesso versamento di contributi previdenziali a partire dal momento in cui la compensazione ha operato.
In presenza di DURC irregolare che non corrisponde alla reale situazione contributiva dell’operatore economico, e che abbia comportato l’adozione di un provvedimento espulsivo da parte della stazione appaltante, è consentita l’impugnazione delle determinazioni cui è giunta la stazione appaltante dinanzi al giudice amministrativo, il quale ha la possibilità di compiere un accertamento puramente incidentale, ai sensi dell’art. 8 Cod. proc. amm., sulla regolarità del rapporto previdenziale (secondo il principio di diritto espresso dall’Adunanza plenaria 25 maggio 2016, n. 10, ribadito da Cons. Stato, sez. V, 5 giugno 2018, n. 3385).
Del resto, l’ordinamento giuridico conosce casi in cui il valore di prova legale può essere rimesso in discussione: paradigmatico è il caso della revoca della confessione per “errore di fatto” previsto dall’art. 2732 Cod. civ.; pertanto, malgrado l’efficacia vincolante che il DURC riveste per la stazione appaltante, deve nondimeno ammettersi che nel giudizio di impugnazione dell’esclusione fondata dalla gara fondata su tale DURC che l’attestazione di irregolarità contributiva in esso contenuta non sia inficiata da presupposti di fatto errati, come appunto nel caso di specie.