Consiglio di Stato, sentenza n. 7411 del 29 ottobre 2019
La sanzione di cui si discute è posta a tutela della delicata funzione assolta dall’ANAC, la quale svolge, “con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (art. 1, comma primo, l. n. 190 del 2012).
Ne consegue la configurabilità di un chiaro “nesso finalistico fra la norma assistita dalla sanzione amministrativa e le funzioni attribuite all’Autorità” e, in definitiva, la necessità logico-sistematica dell’ascrizione in capo all’Autorità del compito di assicurare, in sede di accertamento della nullità dei contratti sottoscritti dalle parti e di adozione delle misure conseguenti, la tutela dei valori trasparenza ed integrità delle amministrazioni pubbliche che sono il proprium della sua missione istituzionale.
Ne deriva altresì che, pur non disconoscendosi il principio generale alla stregua del quale le norme di legge attributive di competenze sono affidate, di massima, a criteri di elencazione analitica piuttosto che a clausole generali fondanti un potere implicito, si deve convenire che nella specie, per le peculiari ragioni logico-sistematiche ora esposte, l’art. 13 del d.lgs. n. 39 del 2013 sancisce una specifica, ancorché non testuale, attribuzione di competenza in favore dell’ANAC anche in ordine all’accertamento della nullità dei contratti di cui si tratta (in quanto naturale e coerente predicato dell’attribuzione della competenza ad accertare le violazioni del sistema).
In questo contesto l’ANAC pone in essere una attività di vigilanza che consiste in un potere particolare, assegnato alle autorità amministrative indipendenti per verificare nell’interesse generale il rispetto delle regole in rapporto al loro settore (regole talora da esse stesse poste) da parte degli operatori pubblici e privati ivi operanti.
Non è quindi neppur decisivo il rilievo (a rigore, non dimostrato) secondo cui l’incarico di cui dovrebbe predicarsi la nullità, in conseguenza della violazione del divieto di cui all’art. 16-ter d.lgs. n. 165 del 2001, non sarebbe regolato – in tesi – dalla legge italiana, in quanto intercorso tra una società con sede in Svizzera ed il dott. Merlo e dunque regolato dalla lex loci.