Corte di Cassazione, sentenza n. 8 del 2 gennaio 2020
Il licenziamento disciplinare era stato intimato nei confronti di un funzionario dal Ministero degli Affari Esteri, per gravissime irregolarità commesse dal medesimo, quale funzionario amministrativo del Consolato generale d’Italia a San Paolo del Brasile, nel rilascio di visti per l’ingresso in Italia.
La Corte riteneva che, nonostante il proscioglimento per prescrizione pronunciato in sede penale, gli atti provenienti dal Tribunale penale e valutati in sede disciplinare attestassero appieno le condotte perseguite e supportassero la scelta della P.A. di adottare la massima sanzione.
La Corte territoriale ha espressamente ritenuto che gli atti penali fossero stati viceversa valutati in sede disciplinare, riportando stralci del provvedimento di licenziamento in cui risulta articolata un’ampia motivazione in proposito, riferita a vari elementi ed ove si fa riferimento anche ad un un’«ulteriore controllo» da parte dell’U.P.D.
Da altro punto di vista il ricorrente sostiene che vi sarebbe stata violazione delle norme sull’efficacia extrapenale di giudicato della pronuncia di estinzione del reato per prescrizione, ma si tratta di censura inammissibile, perché incoerente rispetto alla ratio decidendi, in quanto né la P.A., né la Corte d’Appello hanno fatto leva sull’efficacia di giudicato delle pronunce rese in sede penale, quanto piuttosto sulle risultanze delle indagini e dell’istruttoria penale, qual mere fonti di prova dell’illecito perseguito.