Corte di Cassazione, sentenza n. 2980 del 7 febbraio 2020
La vendita sottocosto (o comunque a prezzi non immediatamente remunerativi) è contraria ai doveri di correttezza ex art. 2598, comma 1, n. 3, c.c. solo se si connota come illecito antitrust, in quanto posto in essere da una impresa in posizione dominante e praticata con finalità predatorie. La vendita sottocosto è favorevole ai consumatori ed al mercato, sino a quando non giunga alla soppressione della concorrenza, e, perciò, si traduca in un danno per gli stessi consumatori ed il mercato, onde solo in tale ultima situazione si realizza l’illecito concorrenziale da dumping interno. Recenti pronunce della Corte di giustizia confortano tale orientamento, laddove si censura, a norma della direttiva 2005/29/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’Il maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali, il divieto generale di vendita sottocosto (Corte giustizia Unione europea 19 ottobre 2017, n. 295/16). Alla stregua di tale principio, pertanto, il motivo di ricorso in esame risulta infondato, non avendo neppure dedotto la ricorrente, in sede di giudizio di merito, la circostanza di avere allegato e provato che la controparte ricopriva una posizione dominante sul mercato di interesse o che la politica di prezzi da essa praticata abbia avuto, anche solo potenzialmente, l’effetto di rinforzare tale posizione in direzione monopolistica e, quindi, di aprire la prospettiva di una successiva libera manipolazione dei prezzi al rialzo. Al contrario, la Corte d’appello ha rilevato che la posizione dominante sul mercato di riferimento è ricoperta dalla stessa X s.r.l. e che, viceversa, la Y s.r.l. non vantava nessuna posizione di dominio.