Consiglio di Stato, sentenza n. 1633 del 5 marzo 2020
Il Collegio ritiene di dovere dare continuità al consolidato orientamento della giurisprudenza del Consiglio di Stato (sez. III, nn. 1174/2020, 3331/2019; id., sez. V, nn. 70/2020, 1644/2019; 1649/2019) volto ad includere nel concetto di “grave illecito professionale” qualunque condotta, collegata all’esercizio dell’attività professionale, che si riveli contraria ad un dovere posto da una norma giuridica sia essa di natura civile, penale o amministrativa (sez. V, n. 586/2019; n. 591/2019; n. 727/2019; id., sez. III, n. 3908/2019; n. 7231/2018; n. 4192/2017), e che risulti in grado di mettere in dubbio l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico.
Tra queste si inquadrano anche le condanne per reati non reati in sé non ostativi ai sensi dell’art. 80, comma 1, d.lgs. 50/2016.
Sulla base di questa premessa (meglio indagata nei precedenti innanzi citati ai quali per brevità ci si riporta, anche ai sensi dell’art. 88, comma 2 lett. d) c.p.a.), non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scelta circa i fatti da indicare, sussistendo, al contrario, un principio di doverosa onnicomprensività della dichiarazione tale da consentire alla stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le opportune valutazioni di sua competenza (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 4532/2018; n. 3592/2018; n. 6530/2018).
Logico corollario di questa impostazione è quello per cui il limite temporale dei tre anni previsto dall’art. 80, comma 10, non può intendersi riferito alle ipotesi di esclusione per gravi illeciti professionali e al conseguente onere dichiarativo (cfr. Cons. Stato, sez. III, n. 3331/2019).
Mutuando le valutazioni espresse dalla quinta sezione su un caso analogo a quello qui in esame (in quanto riferito ad una ipotesi in cui erano emersi pregiudizi penali a carico di un esponente dell’impresa ausiliaria), è utile segnalare come anche in quella fattispecie l’omessa indicazione non abbia assunto rilevanza “sotto il profilo dell’obbligo dichiarativo delle condanne penali definitive in sé, in quanto, anche a prescindere dal perimetro temporale di rilevanza giuridica desumibile dal comma 10 dell’art. 80, quella oggetto di controversia non rientra proprio tra le condanne espressamente contemplate dal comma primo dello stesso art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016”; ma “.. in quanto espressione di “grave illecito professionale” ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50 del 2016, dovendosi intendere come tale qualsiasi condotta legata all’esercizio dell’attività professionale, contraria a un obbligo giuridico di carattere civile, penale ed amministrativo (così Cons. Stato, sez. III, 5 settembre 2017, n. 4192)” (Cons. Stato, sez. V, n. 6529/2018).
Diverso è, dunque, l’obbligo di dichiarare sentenze penali di condanna rientranti tra quelle previste dall’art. 80, comma 1, ovvero rilevanti ai sensi del successivo comma 5, lett. c): “nel primo caso l’esclusione è atto vincolato in quanto discendente direttamente dalla legge, mentre nell’ipotesi di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), la valutazione è rimessa alla stazione appaltante” e “tale diversità di effetti (espulsivi in un caso, meramente informativi, con finalità preistruttoria nell’altro) giustifica anche, pur nella difficile ermeneusi del comma 10 dell’art. 80, perché solo nel primo caso l’ordinamento attribuisca un’efficacia temporale alla sentenza definitiva di condanna”.
In definitiva, la limitazione triennale “attiene alla diversa rilevanza della pena accessoria dell’incapacità a contrarre con la P.A. (limitazione che ben si giustifica con la natura necessariamente temporanea della sanzione afflittiva)” ma non anche “all’esercizio del potere della P.A. di escludere l’operatore economico, ai sensi del comma 5, lett. c)” (così Cons. Stato, sez. V, nn. 6529/2018 e 6530/2018).
Essendo la previsione di durata massima del periodo di interdizione dalle gare riferibile alle sole condizioni che abbiano efficacia automaticamente escludente, e non anche all’ipotesi residuale di cui al comma 5, lett. c), la tesi avanzata in senso contrario dalla Del Debbio e poi accolta dal Tar Toscana va respinta.