Corte di Cassazione Penale, SS.UU., sentenza n. 14723 dep 12 maggio 2020
La questione rimessa alle Sezioni Unite può essere così sintetizzata: “se la falsità o incompletezza dell’autocertificazione allegata all’istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato ne comporti l’inammissibilità e, dunque, la revoca, in caso di intervenuta ammissione, anche nell’ipotesi in cui i redditi effettivi non superino il limite di legge, ovvero, in tale ultima ipotesi, non incidendo la falsità sull’ammissibilità dell’istanza, la revoca possa invece essere disposta solo nei casi espressamente previsti dalla legge”.
Premesso che nella specie è pacifico e non contestato che X era legittimato alla concessione del beneficio, non risultando superata la soglia massima reddituale prevista per legge, deve registrarsi come sulla questione vi sia il contrasto giurisprudenziale indicato nell’ordinanza di rimessione.
Le Sezioni Unite condividono l’orientamento secondo cui le falsità o le omissioni possono comportare la revoca del beneficio solo nei casi di cui all’art. 112 d.P.R. n. 115 del 2002, se risulti provata (o comunque deducibile) la mancanza originaria delle condizioni reddituali ed in caso di condanna per il reato previsto dall’art. 95. Né appare contraddittoria la circostanza che sia possibile revocare il beneficio nei confronti di coloro che omettano la comunicazione di variazioni reddituali (art. 112, lett. a) e mantenerlo nei confronti di coloro che, sin dall’origine, hanno reso dichiarazioni false o incomplete, atteso che l’ obbligo di comunicazione (e le conseguenze della sua inosservanza), è assunto a pena di inammissibilità e discende da un’espressa previsione di legge, restando comunque correlato a variazioni dei limiti di reddito “rilevanti” ai sensi dell’art. 79 lett. d). Sul punto va comunque ricordato e confermato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’omessa comunicazione, anche parziale, delle variazioni reddituali comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, nonostante tali variazioni siano occasionali e non comportino il venir meno delle condizioni di reddito per l’ammissione al beneficio (Sez. 4, n 43593 del 07/10/2014, De Angelis, Rv. 260308). Si ritiene, difatti, dovuta la comunicazione anche se le variazioni non implichino il superamento delle condizioni per il mantenimento (Sez. 5, n. 13309 del 24/01/2008, Marino, Rv. 239387), dovendosi rendere noti i dati suscettibili di valutazione discrezionale da parte dell’autorità, nell’adempimento di un obbligo di lealtà del singolo verso le istituzioni, la cui violazione comporta la revoca del beneficio. La previsione della revoca ex lege, a seguito di condanna penale (che può per quanto sopra detto intervenire anche in ipotesi di omissioni o falsità non rilevanti) non appare in contrasto con il quadro sopra delineato, in considerazione della circostanza che detta revoca consegue all’accertamento del fatto reato in tutte le sue componenti oggettive e soggettive. In particolare, è stato al riguardo sottolineato che «se è vero che il reato del quale ci si occupa richiede il dolo generico, e quindi la mera consapevolezza e volontà della falsità, senza che assuma rilievo la finalità di conseguire un beneficio che non compete, è pur sempre da tener presente che il dolo generico non può essere considerato in re ipsa ma deve essere rigorosamente provato, dovendosi escludere il reato quando risulti che il falso deriva da una semplice leggerezza ovvero da una negligenza dell’agente, poiché il sistema vigente non incrimina il falso documentale colposo» (Sez. 4, n. 7192 dell’11/01/2018, Zappia, Rv. 272192; inoltre, Sez. 3, n. 30862 del 14/05/2015, Di Stasi, Rv. 264328; Sez. 5, n. 29764 del 03/06/2010, Zago, Rv. 248264).
E’ conseguentemente affermato il seguente principio di diritto: “la falsità o l’incompletezza della dichiarazione sostitutiva di certificazione prevista dall’art. 79, comma 1, lett. c) d.P.R. n. 115 del 2002, qualora i redditi effettivi non superino il limite di legge, non comporta la revoca dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, che può essere disposta solo nelle ipotesi espressamente disciplinate dagli artt. 95 e 112 d.P.R, n. 115 del 2002”.