Consiglio di Stato, sentenza n. 1174 del 13 febbraio 2020
Innanzitutto va disattesa la tesi dell’appellante diretta a sostenere l’intervenuta estinzione, per effetto del mero decorso del termine, del reato di bancarotta fraudolenta, ricompreso – peraltro – nel novero dei reati ritenuti rilevanti ai sensi dell’art. 80, comma 5, d.lgs. 50/2016 dalle Linee Guida ANAC n. 6.
E’ sufficiente richiamare al riguardo i principi espressi dalla giurisprudenza assolutamente prevalente – anche in relazione al vecchio codice degli appalti (d.lgs. 163/06) e ribadita nel regime recato dal vigente codice degli appalti (d.lgs. n. 50/2016) -, secondo cui l’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria, con la conseguenza che, fino a quando non interviene tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto” e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna (Cons Stato, sez. V, 12 dicembre 2018 n. 7025; Cons. Stato, Sez. III, 29 maggio 2017, n. 2548; Cons. Stato, III, n. 4118/2016; Cons. Stato, sez. V, 27 ottobre 2015, n. 4848, Cons. St., Sez. V, n. 3105/2015, n. 3092/2014 e n. 4528/2014).
Tale tesi risulta confermata anche dal tenore testuale contenuto nell’art. 80, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016, che nell’escludere rilevanza espulsiva al reato indica come lo stesso deve essere stato “dichiarato estinto” (indicando quindi la necessità di una dichiarazione formale del giudice).
Le sentenze rese in senso contrario richiamate dall’appellante si riferiscono al vecchio codice degli appalti che non conteneva l’espresso dato testuale contenuto nell’art. 80, comma 3, cit.