Corte dei Conti, sez. Giurisdizionale della Toscana, sentenza n. 310 del 16/10/2013
Le spese legali sostenute dalla parte convenuta e poi prosciolta, per l’attività difensiva svolta dai patrocinanti nei giudizi di responsabilità avanti la Corte dei conti, non sono liquidabili dal giudice “a piè di lista” sulla base della nota spese, ma soggiacciono ad un giudizio di congruità ed adeguatezza ai fini della loro concreta determinazione (I appello, n. 428/2008). Nel conseguente rapporto tra amministrazione e prosciolto ai fini del rimborso, ferma restando la liquidazione giudiziale, il parere dell’Avvocatura erariale si concreta in una mera verifica di rispondenza della richiesta di rimborso alla liquidazione del Giudice, nonché di congruità di eventuali spese legali aggiuntive correlate all’attuazione della pronuncia.
Negli stessi termini si è espressa la Cassazione – SS.UU., sent. n. 6996 del 2010 – secondo la quale la sentenza di proscioglimento nel merito costituisce il presupposto di un credito attribuito dalla legge e che il giudice contabile è chiamato a quantificare, salva la definitiva determinazione del suo ammontare da compiersi, su parere dell’Avvocatura dello Stato, con provvedimento dell’amministrazione di appartenenza.
Pertanto, da quanto detto deriva che incontestabilmente compete al solo giudice contabile disporre in tema di liquidazione delle spese in favore del dipendente assolto nel merito innanzi alla Corte dei conti.
Se questo è vero, è altrettanto vero che l’azienda sanitaria deve liquidare solo il quantum determinato dal giudice contabile senza in alcun modo dare seguito a rimborsi ulteriori, risultanti dalle parcelle dell’avvocato dei dipendenti assolti.
In altri termini, tutto ciò che risulta essere stato erogato ai dipendenti assolti oltre all’importo liquidato in sentenza, in quanto esborso non giustificato, costituisce danno erariale perché somma illegittimamente erogata dai convenuti con grave colpa.