Corte di Cassazione, sentenza n. 28252 del 11 dicembre 2020
Il richiamo del requisito dell’abitazione quale luogo di dimora abituale del nucleo familiare unitariamente inteso è in effetti ricorrente nell’indirizzo di legittimità, secondo cui (Cass. ord. n. 15444/17): “In tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), ai fini della spettanza della detrazione prevista, per le abitazioni principali (per tale intendendosi, salvo prova contraria, quella di residenza anagrafica), dall’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 (come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b), della I. n. 296 del 2006, con decorrenza dall’1 gennaio 2007), occorre che il contribuente provi che l’abitazione costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche dei suoi familiari, non potendo sorgere il diritto alla detrazione ove tale requisito sia riscontrabile solo per il medesimo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso la detrazione sulla base dell’accertamento che l’immobile “de quo” costituisse dimora abituale del solo ricorrente e non della di lui moglie). “
Così anche cass. ord. n. 18096/19, secondo cui: “nel caso in cui il soggetto passivo dell’ICI sia coniugato, ai fini della spettanza delle detrazioni e riduzioni dell’imposta previste per l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto passivo dall’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992, non basta che il coniuge abbia trasferito ¡a propria residenza nel comune in cui l’Immobile è situato ma occorre che in tale immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, atteso che, considerato che l’art. 144 c.c. prevede che i coniugi possano avere esigenze diverse ai fini della residenza Individuale e fissare altrove quella della famiglia, ciò che assume rilevanza, per beneficiare di dette agevolazioni, non è la residenza del singoli coniugi bensì quella della famiglia”.
Ha poi osservato Cass. ord. n. 15439 del 07/06/2019 che: “In tema di ICI, ai fini della detrazione prevista per l’abitazione principale dall’art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 (come modif. dall’art. 1, comma 173, lett. b, della I. n. 296 del 2006, con decorrenza dal 1° gennaio 2007), il contribuente, il quale dimori in un immobile di cuI sia proprietario (o titolare di altro diritto reale), deve provare che esso costituisce dimora abituale non solo propria, ma anche del suoi familiari; pertanto, ove intervenga separazione personale di fatto dei coniugi, il diritto al beneficio permane solo in favore del residuo nucleo familiare convivente nell’abitazione, non più identificabile con la casa coniugale”.
Questa decisione evidenzia la oggettiva diversità, e la sua rilevanza tributaria, tra due fattispecie (v. anche Cass. 14389/10 cit. e, in regime IMU, Cass. ord. 20130/20).
La prima, che si verifica quando il coniuge risieda altrove ma non ci sia separazione né legale né di fatto, intesa quale frattura dell’unione coniugale; in tal caso, l’agevolazione non spetta, ad evitare che attraverso il fittizio trasferimento di residenza di uno dei coniugi si possa sfruttare due volte il trattamento di favore.
La seconda quando il coniuge risieda altrove ma ciò in esito a separazione legale ovvero a separazione di fatto derivante da frattura dell’unione coniugale e familiare; in questo caso l’agevolazione spetta in capo al coniuge ed al nucleo familiare residuo che è rimasto nell’abitazione.