Corte dei Conti, Prima Sezione Centrale d’Appello, sentenza n. 20/2021
Dallo stesso quadro normativo, vigente ratione temporis, si evincono con chiarezza i presupposti e le modalità per la corresponsione del trattamento economico che, in estrema sintesi, presuppongono una misurazione dei target raggiunti rispetto a quelli conferiti ed escludono, in ogni caso, una erogazione indifferenziata o una sanatoria a posteriori nel caso in cui tali procedure siano mancate.
Questo assetto non risulta validamente messo in discussione dalle obiezioni formulate dagli appellanti, per quanto attiene alla non immediata applicabilità della riforma introdotta con il D.L.vo n. 150 del 2009, nell’imminenza della sua entrata in vigore con riguardo alle Aziende sanitarie, in quanto come innanzi riepilogato
Ciò precisato, il compendio probatorio versato in atti dà contezza delle illegittimità in cui sono incorsi gli appellanti nel disporre la liquidazione delle risorse in carenza delle condizioni sopra ricordate.
In particolare, le stesse deliberazioni di liquidazione danno atto di tale anomalia, precisando sia che non erano stati conferiti obiettivi specifici, sia che la retribuzione di risultato andasse corrisposta in quote uguali, come d’altra parte era stato definito anche in sede di contrattazione decentrata, con la partecipazione del Direttore della gestione delle risorse umane.
In definitiva, a prescindere dalle problematiche concernenti l’avvicendamento di leggi e la particolare situazione organizzativa nel periodo considerato, non può che ribadirsi che l’emolumento in questione ha natura accessoria – non obbligatoria – e che tale carattere non risulta innovato rispetto al pregresso quadro normativo, nel quale la figura dirigenziale, sin dalla riforma intervenuta con il D.L.vo 29 del 1993, è stata proiettata in un’ottica manageriale, anche in termini retributivi, soprattutto per la parte di corrispettivi legati al concetto di risultato.