TAR Marche, sentenza n. 106 del 09 febbraio 2021
Non può non ritenersi condivisibile la posizione delle ricorrenti secondo cui l’indagine circa il rispetto della disciplina delle incompatibilità e dei divieti in materia di titolarità delle farmacie – pena la sua sostanziale elusione – avrebbe dovuto essere condotta non solo con riferimento alla X s.r.l. – unipersonale, formale titolare della farmacia, ma necessariamente anche alla Società Y s.r.l. che di quella società è socio unico.
Ed invero, dalla documentazione versata in atti emerge una stretta connessione tra le anzidette società, atteso che:
– la X s.r.l. e la società Y s.r.l. hanno entrambe sede in OMISSIS;
– il Presidente del Consiglio di Amministrazione della Y s.r.l. è altresì Amministratore unico della X s.r.l.;
– la società Y ha come oggetto sociale, in particolare, l’impianto, la gestione e l’esercizio di case di cura per ammalati e case di riposto per l’assistenza in genere e gestisce, peraltro, una casa di cura e un ambulatorio medico siti nel Comune di OMISSIS; la stessa annovera, ad oggi, tra i componenti del Consiglio di Amministrazione, almeno un medico iscritto all’Albo.
Ciò posto, è innanzitutto innegabile che la società Y svolga attività medica erogando servizi di diagnosi e cura, così come è pacifico che detta società sia l’unico socio della X s.r.l. a cui è stata affidata la gestione della farmacia.
Tanto già basta per estendere anche alla società Y, in qualità di socia della società titolare di farmacia, le incompatibilità previste per i farmacisti persone fisiche, trattandosi appunto di una società che pacificamente gestisce case di cura e impiega medici per lo svolgimento della propria attività.
A tanto aggiungasi che, sebbene sia vero che non vi sia un espresso divieto normativo a che i componenti del Consiglio di amministrazione di società titolare di farmacia possano esercitare la professione di medico, è tuttavia indubbio che la partecipazione di un medico in un organo a cui spetta la gestione della società, che a sua volta è socio unico della società titolare di farmacia, non esclude quella commistione fra gestione di una farmacia e gestione, diretta o indiretta, di attività medica, che può dar vita ad un potenziale conflitto di interessi.
Né l’applicazione alla società Y delle incompatibilità in parola è il frutto, come pure sostenuto dalle resistenti, di una inammissibile interpretazione analogica ed estensiva della disciplina sulle incompatibilità, che, in quanto tale, è di stretta interpretazione.
Ciò per il fatto che è dalla stessa interpretazione letterale e sistematica delle disposizioni dell’ordinamento che si ricava il principio secondo cui la partecipazione alle società che hanno come oggetto esclusivo la gestione di una farmacia è incompatibile con qualsiasi altra attività svolta nel settore della produzione e informazione scientifica del farmaco, nonché con l’esercizio della professione medica (art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 362 del 1991, nel testo novellato dalla legge n. 124 del 2017). Inoltre, l’art. 8, comma 1, della medesima legge, nel prevedere che la partecipazione alle società di cui all’articolo 7 è incompatibile, tra l’altro, nei casi di cui all’articolo 7, comma 2, secondo periodo, stabilisce espressamente che l’incompatibilità riguarda proprio le persone fisiche o giuridiche che partecipano alle società titolari di farmacia, quale, nel caso che occupa, la società Y.
Ad ogni modo, a sancire l’incompatibilità tra l’esercizio della farmacia e le altre professioni o arti sanitarie è, ancor prima e in via in generale, l’art. 102 del regio decreto n. 1265 del 1934.
Ad ulteriore conferma di quanto innanzi argomentato, giova richiamare quanto statuito dal Consiglio di Stato con la sentenza della terza sezione n. 474 del 3 febbraio 2017, la quale, a sua volta richiamando la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. V, del 6 ottobre 2010, n. 7336, ha affermato il principio secondo cui “la formulazione del citato art. 8 L. n. 362/1991, indicativa e comprensiva delle varie incompatibilità concernenti i singoli farmacisti, ha chiaramente la ratio di rendere applicabile anche nei confronti dei partecipanti alle società di persone o alle società cooperative a responsabilità limitata le incompatibilità per i farmacisti persone fisiche titolari o gestori di farmacie, già disseminate in numerose disposizioni di legge. Conseguentemente oggi tale divieto deve necessariamente ritenersi operante anche nei confronti dei soci delle società di gestione delle farmacie comunali, in coerente applicazione dei parametri costituzionali di riferimento”. Detto diversamente, non si intravedono ragioni per le quali l’incompatibilità sancita dall’art. 8 lett. b) non debba estendersi anche alla partecipazione societaria ad una società che ha per oggetto esclusivo la gestione di una farmacia comunale, una volta che il diritto vivente è giunto ad ammettere tale modalità di gestione”.