Il quesito riguardava la possibilità, per il Comune, di operare la rinegoziazione del contratto di locazione, in base ai principi del codice civile, valevoli in generale anche per le Pubbliche Amministrazioni. La rinuncia anche in parte, derivante dall’espressione della facoltà di rinegoziazione del contratto, da parte dell’amministrazione locatrice ai crediti (certi, liquidi ed esigibili) derivanti dai contratti di locazione stipulati si porrebbe in contrasto con l’indirizzo consolidato della giurisprudenza contabile, dal momento che “la riscossione delle entrate patrimoniali si pone come atto doveroso di recupero delle indispensabili risorse materiali necessarie a far fronte alla spesa pubblica.
Configurando nella sostanza una remissione del debito, essa confliggerebbe quindi con l’orientamento secondo cui non soltanto è illecito rinunciare ai canoni di locazione ma finanche ridurli, fuori dai casi specificamente consentiti dalla legge. La richiesta di parere trae fondamento dal sopraggiungere di eventi straordinari che sembrerebbero dare la stura, ad avviso del richiedente, alla necessità di introdurre, in via generale, nel sistema del codice civile la rinegoziazione del contratto, e nel caso specifico la facolta’ di rinegoziare il contratto di locazione rinunciando a parte delle entrate.
A fronte della sopra illustrata coesistenza di un obbligo civilistico e di un divieto di natura pubblicistica, la risoluzione del quesito – riguardante la possibilità di rinegoziare, su richiesta, i contratti di locazione di diritto privato stipulati tra un Comune e le imprese esercenti le suddette attività in riferimento alla vigente situazione di difficoltà economica, conseguente alle restrizioni imposte alle attività di somministrazione alimenti e bevande, commerciali e artigianali – lascia aperte due opzioni: se esista un obbligo di tenere fermi i contratti stipulati, ovvero se invece esso receda di fronte a un generale obbligo di rinegoziazione dei contratti, affermato di recente dalla Corte di Cassazione come espressione del principio di buona fede. Di qui, la remissione alla Sezione Autonomie per la soluzione del parere.