Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, sentenza n 137 del 31 marzo 2021
La Corte di cassazione, con sentenza 13 aprile 2018, n. 24466, aveva confermato la condanna irrogata per il delitto di peculato dalla Corte d’appello di Firenze (sentenza 9 dicembre 2016, n. 4277), per avere cagionato un danno patrimoniale all’azienda sanitaria, mediante la sottrazione di importi di spettanza dell’amministrazione, attraverso la mancata fatturazione delle somme pagate dai pazienti visitati dal sanitario in regime di intra moenia, quantificate in euro 4.500,00. Tale danno sarebbe stato complessivamente risarcito, secondo le risultanze dell’azienda sanitaria, per un totale complessivo di euro 32.593,87, di cui euro 8.650,00 per danno patrimoniale, euro 13.943,87 per spese legali ed euro 10.000,00 per danno all’immagine.
Purtuttavia, in relazione agli illeciti commessi la Procura erariale ha azionato in misura maggiore il danno derivante dalla lesione all’immagine delle pubbliche amministrazioni di appartenenza del convenuto con riferimento alla condanna per i reati contro la pubblica amministrazione nella sua qualità di pubblico ufficiale, relativamente ai procedimenti penali subiti. La Procura ha quantificato, in via equitativa, e sulla base dei criteri elaborati in giurisprudenza, un danno all’immagine determinato, in relazione a entrambe le amministrazioni di appartenenza del convenuto, rispettivamente pari a euro 100.000,00, a danno dell’Azienda sanitaria USL e a euro 120.000,00, a danno dell’Università degli Studi.
Accogliendo in parte le richieste della Procura contabile, il Collegio ha dapprima ricordato che la norma conferente è rappresentata dall’articolo 1, comma 62, della legge 9 novembre 2012, n. 190, la quale prevede che “(…) l’entità del danno all’immagine (…), si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente”.
Il codice di giustizia contabile ha, da ultimo, con l’articolo 51, comma 6, dettato una formulazione parzialmente differente dei presupposti della relativa azione erariale (sul punto Corte costituzionale, ordinanza 19 luglio 2019, n. 165). Le ultime disposizioni in commento risultano, peraltro, non applicabili alla vicenda oggetto della presente sentenza, con la conseguenza che la disciplina regolatrice del caso di specie sarà quella precedente alle innovazioni successive alla primigenia disciplina legislativa.
Nel caso di specie, come già illustrato, risulta agli atti una condanna irrevocabile per il reato di peculato, fattispecie criminosa espressamente compresa dal legislatore nell’ambito dei reati contro la pubblica amministrazione.
Quanto alla determinazione del danno, risultando non applicabile la quantificazione legislativa, esso può essere fissato con ampia utilizzazione del potere di liquidazione equitativa. Pertanto, in parziale accoglimento delle istanze difensive, considerato il complesso della vicenda, l’importo oggetto dell’appropriazione, e il parziale ristoro intervenuto in favore della pubblica amministrazione, il Collegio ha ritenuto di determinare la misura del risarcimento del danno nella misura ulteriore di euro 10.000,00