Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza n 443 del 11 maggio 2021
Secondo le prospettazioni attoree, il danno contestato sarebbe derivato dalle retribuzioni illegittimamente percepite per lo svolgimento di incarichi presso Roma Capitale e la Regione Lazio. Il predetto danno è stato addebitato alla condotta antigiuridica dell’odierno convenuto che, dolosamente, avrebbe indotto in errore le pubbliche amministrazioni sopra indicate mediante la falsa attestazione del possesso del titolo di studio della laurea, riuscendo a concludere rapporti di lavoro a condizioni economiche equiparate a quelle riconosciute per il
personale dirigenziale.
È stato, altresì, precisato che “la sentenza penale di assoluzione può fare stato nel giudizio contabile solo quanto alla materialità dei fatti accertati ovvero esclusi, mentre di per sé l’eventuale liceità penale non esclude anche l’illiceità contabile” (Sez. I, 96/2011; n. 624/2013; 774/2013; Sez. II, 325/2014; 347/2015; 26/2016).
Ciò premesso, osserva la Sezione che l’assoluzione con la formula “perché il fatto non sussiste”, in relazione ai capi di imputazione relativi al delitto di truffa disposta dal Tribunale penale di Roma con la sentenza n. 7773 del 15 giugno 2017, pubblicata il 26 luglio 2017, è stata dichiarata per ragioni diverse dal fatto materiale relativo al mancato possesso del requisito della laurea da parte del X. Il giudice penale ha, infatti, escluso la sussistenza degli elementi costitutivi del reato di truffa, in particolare quello dello “ingiusto profitto con altrui danno”, nella condotta “seppur mendace del X sul proprio titolo di studio”, in quanto l’articolo 19, comma 6, d.lgs. 165/2001, consente il conferimento di incarichi dirigenziali anche a personale esterno alle pubbliche amministrazioni sulla base dell’esperienza professionale maturata presso enti pubblici e privati.
L’eccezione deve essere quindi respinta considerato che l’assoluzione riguarda elementi propri del reato di truffa e che la fattispecie di responsabilità amministrativa contestata all’odierno convenuto si fonda sul fatto materiale della falsa attestazione del titolo di studio in relazione ad incarichi per i quali sono previsti emolumenti retributivi parametrati a quelli di accesso alla qualifica dirigenziale