Corte di Cassazione, sentenza n. 14453 del 26 maggio 2021
Va distinta la persona offesa dal reato dal soggetto danneggiato dallo stesso. La persona offesa è, bensì, esclusivamente il soggetto titolare del bene giuridico protetto (o dell’interesse tutelato) (art. 90 c.p.p.). Nell’ipotesi di cui all’art. 328 c.p. il bene giuridico tutelato è esclusivamente il buon andamento della pubblica amministrazione e, segnatamente, il suo regolare funzionamento nella fase di realizzazione dei suoi compiti istituzionali, per cui la persona offesa è esclusivamente la P.A. (v. ex multis Cass. Pen. 29/10/2019, n. 47114, imp. Malerba).
Il soggetto danneggiato dal reato è, invece, ogni soggetto che dal reato nel caso concreto abbia subito un danno. Ne consegue che l’individuazione della persona offesa non esaurisce l’individuazione di ogni possibile danneggiato civile dal reato, dovendo quest’ultimo essere accertato con riferimento al caso concreto (in termini, v. già Cass. 23/04/1999, n. 4040). Né vi è ragione logica o giuridica per limitare l’area dei danni risarcibili a tale ultima figura — ossia al danneggiato che non sia anche persona offesa dal reato — ai soli danni patrimoniali, con esclusione di quelli non patrimoniali, tale limitazione non essendo in particolare giustificata (ma anzi il contrario dovendosi ricavare): a) dall’art. 185, comma secondo, cod. pen. che, nel prevedere che «ogni reato, che abbia cagionato un danno patrimoniale o non patrimoniale, obbliga al risarcimento il colpevole e le persone che, a norma delle leggi civili debbono rispondere per il fatto di lui», lungi dal delimitare il novero dei soggetti danneggiati risarcibili, postula solo l’esistenza di un nesso causale tra il reato e il danno, patrimoniale o non patrímoniale che sia; b) dall’art. 74 cod. proc. pen. che espressamente riconosce ad ogni «soggetto al quale il reato ha recato danno» (dunque non solo alla persona offesa), il diritto di esercitare l’azione civile nel processo penale (attraverso la costituzione di parte civile) «per le restítuzioni e per il risarcimento del danno dì cui all’articolo 185 del codice penale» (e «danno di cui all’art. 185 cod. pen.» è anche quello non patrimoniale) (v. Cass. n. 4040 del 1999, cit.).
Deriva dalle superiori considerazioni che il rilievo svolto in sentenza secondo cui «il malato non è persona offesa dal reato di cui all’art. 328, comma primo, cod. pen.» è bensì, in sé, tecnicamente corretto, ma è privo di implicazioni pratiche aì finì della soluzione della questione posta, dal momento che il fatto che non sia persona offesa non esclude comunque che colui che è stato danneggiato dal reato possa richiedere il risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrímoniali.
Nella fattispecie concreta un malato aveva chiesto la condanna al risarcimento del danno morale sofferto per il rifiuto che il medico di guardia medica in servizio oppose alla richiesta di visita domiciliare nonostante i riferiti sintomi di un malore che, successivamente, al Pronto Soccorso, risultò essere un infarto al miocardio, risoltosi fortunatamente bene.