Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per l’Umbria, sentenza n. 69 del 4 agosto 2021
Va premesso che il danno da disservizio è un istituto, elaborato già da diversi anni dalla giurisprudenza della Corte dei conti, che presuppone un pubblico servizio al quale correlarsi e che consiste nell’effetto dannoso causato all’organizzazione e allo svolgimento dell’attività amministrativa dal comportamento illecito di un dipendente (o amministratore) che abbia impedito il conseguimento della attesa legalità dell’azione pubblica e abbia recato inefficacia o inefficienza a tale azione. In altre parole, secondo la giurisprudenza, può sussistere il danno da disservizio allorquando l’azione non raggiunge, sotto il profilo qualitativo, quelle utilità ordinariamente ritraibili dall’impiego di determinate risorse, così da determinare uno spreco delle stesse (Corte dei conti, Sez. III d’App, sentt. n. 301/2017 e 21/2017).
In tale prospettiva, la giurisprudenza ha individuato una serie di figure sintomatiche tipiche di danno da disservizio, come il danno da mancata resa del servizio, il danno che si verifica quando il servizio non è conforme alle sue qualità essenziali (Corte dei conti, Sez. II d’App. n. 43 del 2020, n. 293 del 2019 e n. 247 del 2016), il disservizio da riduzione d’efficienza (Corte dei conti, Sez. II d’App. sentt. n. 293/2019 e 528/2018).
Quanto alla prova del danno da disservizio, la giurisprudenza afferma che esso “non può fondarsi su prove presuntive o indiziarie poichè deve costituire un pregiudizio economico certo nell’an, e deve essere fornita prova, da parte del P.M., che il perseguimento di fini diversi da quelli istituzionali abbia comportato una perdita patrimoniale tangibile nelle casse dell’ente, in termini di somme inutilmente spese per perseguire gli obiettivi” (Corte dei conti, Sez. II d’App., sent. n. 243/2016; sulla necessaria dimostrazione del pregiudizio patrimoniale quale conseguenza delle condotte illecite si vedano anche Sez. III d’App., sentt. n. 159/2020 e 153/2017 e Sez. III d’App. sent. n. 301/2017).
Nel caso all’odierno esame non risulta in alcun modo provato da parte della Procura il danno patrimoniale derivante da un effettivo disservizio, posto che, come risulta dalla sentenza penale di condanna, i rifornimenti di carburante da cui deriverebbe il danno sono stati effettuati al di fuori dell’orario di servizio e su autovettura privata. Pertanto, non si vede come tale condotta possa aver generato una ulteriore lesione patrimoniale della tipologia qui contestata nei confronti dell’Amministrazione, venendo meno il presupposto stesso del disservizio su cui fondare la pretesa erariale. Infatti, non risulta provato lo svolgimento di un servizio carente delle sue qualità essenziali né contestata alcuna circostanza inerente allo svolgimento del servizio o che abbia causato una comprovata riduzione dell’efficienza.