Consiglio di Stato, sentenza n. 6235 del 08 settembre 2021
Non risultano fondate neppure le doglianze rivolte contro la statuizione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti avverso le note comunali nn. 2815/06 e 3702/06.
Si è, infatti, in presenza di atti privi di valenza provvedimentale, inidonei ad esprimere la volontà dispositiva dell’Amministrazione comunale.
L’ordinamento giuridico, sebbene non definisca la nozione di “provvedimento amministrativo”, delinea comunque il relativo regime giuridico, richiamando espressamente, tra l’altro, l’autoritatività (arg. ex art. 1, comma 1 bis, L. n. 241/90), l’efficacia, l’esecutività e l’esecutorietà (artt. 21 bis L. n. 241/90) dell’atto provvedimentale: altri caratteri, inoltre, sono desumibili dai pertinenti principi costituzionali – in primo luogo dal principio di legalità, che impone la tipicità e nominatività del provvedimento amministrativo -, ovvero sono ricavabili per differenziazione rispetto al regime giuridico di altri atti costituenti esplicazione di potestà pubblica (sull’assenza di una definizione normativa di provvedimento amministrativo, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 22 dicembre 2014, n. 6244).
Il provvedimento amministrativo, dunque, si traduce nell’adozione di un atto nominato, in grado di incidere unilateralmente sull’altrui sfera giuridica, attraverso una regula iuris tipica, efficace, esecutiva, implicante manifestazione di pubblico potere.
Tali caratteri non sono riscontrabili nelle note comunali in esame.
Emerge, dunque, che con le note in esame il Comune non ha assunto alcun provvedimento amministrativo a definizione dei procedimenti edilizi.
Il Comune, dunque, con tali atti non ha definito alcuna regola amministrativa, a conformazione del rapporto sostanziale; i procedimenti edilizi risultavano, infatti, pendenti, potendo il privato fornire ancora il proprio apporto partecipativo, onde superare i rilievi previamente comunicati dall’Amministrazione, in vista della decisione definitiva all’uopo da assumere.