Corte di Cassazione, sentenza n. 24953 del 15 settembre 2021
L’art. 445-bis c.p.c. prevede, come è noto, che «nelle controversie in materia di […] handicap e disabilità, […], chi intende proporre in giudizio domanda per il riconoscimento dei propri diritti presenta con ricorso al giudice competente […] istanza di accertamento tecnico per la verifica preventiva delle condizioni sanitarie legittimanti la pretesa fatta valere». Tale accertamento costituisce «condizione di procedibilità della domanda» eccepibile dal convenuto e/o rilevabile d’ufficio dal giudice a pena di decadenza entro e non oltre la prima udienza.
Se, dunque, l’handicap è qualificato e disciplinato esplicitamente dalla legge come una condizione psico fisica apprezzabile dal punto di vista medico legale e da accertare seguendo un procedimento amministrativo specifico, come tale funzionale al successivo riconoscimento di svariate misure finalizzate a rimuovere le singole situazioni di discriminazione che l’handicap genera, tale condizione della persona assume un pieno rilievo giuridico.
Dunque, l’istanza tesa al semplice riconoscimento di tale stato psico fisico non richiede altra indicazione al fine di integrare l’interesse ad attivare il procedimento di cui all’art. 445 bis c.p.c., laddove il medesimo stato sia stato in concreto negato dal soggetto che istituzionalmente ha il potere di accertarlo.
Dunque, riconoscere a ciascuno l’interesse al mero accertamento dello stato di handicap non determina alcuna contraddizione rispetto al principio più volte espresso da questa Corte di cassazione, secondo il quale è inammissibile la domanda di accertamento dell’esistenza di un grado di invalidità finalizzata a fruire di prestazioni previdenziali o assistenziali, non essendo proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti che costituiscano solo elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può formare oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e, quindi, nella sua interezza (ex multis vd. Cass. n. 22 del 2019; Cass. n. 9013 del 2016).