Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Liguria, sentenza n. 188 del 12 ottobre 2021
La Procura regionale chiedeva la conferma della sanzione di cui all’art. 20, c. 7, del d.lgs. 19.8.2016, n. 175 per mancata adozione del piano di razionalizzazione delle partecipazioni societarie pubbliche, anno 2018, nella misura di euro 10.000,00 nei confronti di ciascuno dei convenuti amministratori del comune.
Tra l’altro, erano in discussione il tipo di responsabilità, penale o amministrativa, con le relative conseguenze in materia elemento soggettivo (dolo nel primo caso, colpa grave nel secondo) e certezza della prova (“al di là di ogni ragionevole dubbio” nel primo caso, secondo il criterio del “più probabile che non” nel secondo)
Il collegio ha ritenuto che, in termini generali, tanto la responsabilità amministrativa per danno, quanto la responsabilità amministrativa di tipo sanzionatorio sono riconducibili alla categoria della responsabilità amministrativa devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti, con conseguente applicazione delle relative coordinate fondamentali (Corte conti, ss.rr., n. 12/2007). Tra queste, quella che vuole la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti in materia di contabilità pubblica limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave (art. 1, c. 1, legge n. 20/1994).
Reputa pertanto il Collegio che l’irrogazione della sanzione in esame presupponga indefettibilmente un giudizio di grave rimproverabilità subiettiva, gravità suscettibile di diversa graduazione anche ai fini segnati dall’art. 134 cgc. In omaggio ai principi che governano il giudizio di responsabilità avanti questo giudice, l’onere della prova circa la gravità della colpa grava sulla parte pubblica.
Passando al merito del ricorso, va anzitutto premesso che le disposizioni del testo unico sulle società pubbliche si applicano a tutte le partecipazioni societarie acquisite e/o detenute da amministrazioni pubbliche, incluse le società consortili, senza esclusioni non espressamente disposte per legge (Corte conti, sez. controllo Lazio, n. 27/2020). A tale stregua, sono destituite di fondamento le deduzioni difensive incentrate sulla natura consortile della partecipata, sul carattere pulviscolare della partecipazione e sulla pendenza della procedura di liquidazione della società. La competenza relativa all’adozione dei menzionati piani di razionalizzazione delle partecipazioni societarie gravava, come prima posto in risalto, sul Consiglio comunale, con la connessa responsabilità omissiva, per quanto rileva in questa sede, dei convenuti nel giudizio di opposizione.
Relativamente alla posizione del convenuto X, ai sensi dell’art. 39 del d.lgs. n. 267/2000, nei Comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il Consiglio comunale è presieduto dal Sindaco che provvede la convocazione dell’organo, salve contrarie disposizioni statutarie. Ed in effetti lo statuto comunale prevede la figura del presidente del consiglio e ne definisce il ruolo, stabilendo, per quanto in questa sede rileva, che egli convoca il Consiglio, sentito il Sindaco, e ne predispone l’ordine del giorno, sempre sentito il sindaco (art. 25bis, c. 5, lett. b, d). A sua volta l’art. 21 dello statuto prevede che il sindaco stabilisce gli argomenti all’ordine del giorno delle sedute del consiglio comunale, ne dispone la convocazione e lo presiede. A tale stregua, allora, è da ritenere che nel Comune la convocazione e l’ordine del giorno del Consiglio comunale erano (anche) nella disponibilità del Sindaco. Risulta pertanto fondato il rilievo per cui il convenuto X avrebbe dovuto attivarsi per la convocazione del Consiglio e la fissazione del relativo ordine del giorno, per trattare la questione dei piani di razionalizzazione ex art. 20 d.lgs. 175 del 2016.