Corte di Cassazione, sentenza n 32900 del 9 novembre 2021
Il ricorrente, sempre riguardante la prima sanzione disciplinare, sostiene che le due sentenze di merito avrebbero erroneamente valutato il rilievo sull’incompatibilità del dirigente, in quanto persona offesa dalle comunicazioni incriminate. Il procedimento disciplinare aveva infatti riguardato l’avere il X tenuto un comportamento non uniformato a principi di correttezza nei rapporti interpersonali, durante l’orario di lavoro, proprio con riguardo al superiore che aveva poi condotto e definito il procedimento disciplinare.
Anche tale censura è infondata. Nell’ambito dei procedimenti disciplinari nel pubblico impiego privatizzato è acquisito il principio per cui, escluso un requisito di imparzialità, che presupporrebbe l’attribuzione del potere disciplinare ad un soggetto del tutto estraneo alla P.A. (Cass. 1 giugno 2021, n. 15239; Cass. 24 gennaio 2017, n. 1753), rispetto alle sanzioni di maggiore rilevanza opera un principio di terzietà, che impone di escludere che l’ufficio procedimenti disciplinari possa essere composto dal solo dirigente della struttura di appartenenza del dipendente, potendo al massimo accadere che quest’ultimo sia membro di un collegio incaricato dei procedimenti disciplinari (così, Cass. 15239/2021, cit.) Per le sanzioni minori, che ai tempi dei fatti di causa erano quelle inferiori alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione per più di dieci giorni, e ora, in esito alla c.d. Riforma Madia (qui non applicabile ratione temporis) per il solo rimprovero verbale, l’art. 55- bis prevede la competenza del titolare della struttura di appartenenza. In tali casi, la terzietà è evidentemente molto più ridotta, in quanto il dirigente preposto alla struttura, in molti casi, può essere più o meno coinvolto dagli illeciti i quali, riguardando il rapporto di lavoro di un sottoposto, sovente interferiscono con l’attività dell’ufficio se non anche, come è nel caso di specie, con le persone e con lo stesso dirigente.
Rientra poi nella discrezionalità del legislatore, in funzione dei fini di cui all’art. 97 Cost., dosare il grado di terzietà richiesto per le diverse tipologie di sanzione da applicare ed il criterio prescelto, fondato sull’apprezzamento della gravità edittale delle sanzioni, non può dirsi irragionevole, tenuto conto del diverso impatto che le diverse misure hanno sull’incolpato. Dal possibile coinvolgimento personale del dirigente della struttura non deriva dunque alcun automatismo in ordine alle illegittimità della sanzione, perché la disciplina sulla competenza, che, coerentemente con il basso grado di gravità delle infrazioni perseguite non prevede un regime di incompatibilità, non può dirsi violata; pertanto la sanzione sarà illegittima se essa risulti irregolarmente contestata o infondata nel merito, ma non per il fatto che ad irrogarla sia il dirigente, anche se in ipotesi coinvolto dai comportamenti scorretti addebitati.
Di senso contrario: Consiglio di Stato sentenza n 1654/2020 e ANAC deliberazione 1087/2020