Dipartimento della Funzione Pubblica, parere del 18 agosto 2021
Il presupposto per l’esercizio del potere unilaterale di risoluzione è riferito agli anni di anzianità contributiva necessari al dipendente per maturare il diritto alla pensione anticipata. L’amministrazione, nell’individuare la data di effettiva cessazione, deve, peraltro, tenere conto del regime delle decorrenze, come disciplinato dall’articolo 24, comma 10, del decreto legge 6 dicembre 2011 n. 201, che individua una finestra mobile applicabile di 3 mesi. Durante questo periodo, conformemente ai criteri generali e agli indirizzi forniti in materia, il rapporto di lavoro prosegue e cessa effettivamente al conseguimento del diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico, ossia una volta che il dipendente abbia scontato i 3 mesi di finestra.
In ultimo, con riferimento all’età anagrafica a partire dalla quale l’amministrazione può esercitare l’istituto della risoluzione unilaterale, si rappresenta che le penalizzazioni percentuali sull’importo della pensione, inizialmente previste dallo stesso articolo 24 del citato decreto legge n. 201 del 2011 per i soggetti che accedevano alla pensione anticipata prima dei 62 anni di età, sono state disapplicate dall’articolo 1, comma 194, della legge 11 dicembre 2016, n. 232.
Tale indicazione legislativa, ai fini dell’applicazione della risoluzione unilaterale, consente all’amministrazione di esercitare questo istituto a prescindere dall’età anagrafica, fermo restando, come sopra detto, il regime delle decorrenze, poiché la disposizione del citato comma 194 fa venir meno il pregiudizio economico che si sarebbe potuto configurare per il dipendente con età inferiore ai 62 anni nel caso l’amministrazione avesse esercitato la potestà unilaterale di recesso.