Corte di Cassazione, sentenza n. 9931 del 28 marzo 2022
La Corte di appello aveva già rilevato, in esito all’esame del materiale istruttorio, che “per assiduità delle comunicazioni (in qualsiasi ora del giorno e della notte) e per contenuto degli scambi, la relazione” del Dott. X con la paziente “non solo esulasse dalla relazione terapeutica per sconfinare in una impropria relazione personale, mostrando la necessità di interrompere subito una intimità così inopportuna, che invece il dr. X aveva proseguito ed a sua volta incentivato, fino a che l’intera vicenda si era interrotta bruscamente solo con la segnalazione della paziente alla UOC Psichiatria”; e concluso nel senso che tale condotta integrasse una giusta causa risolutiva del rapporto di lavoro, trattandosi di radicale violazione degli obblighi deontologici del medico nei confronti della propria paziente, a maggior ragione nell’ambito di una terapia psichiatrica.
La Corte di appello ha, pertanto, chiaramente affermato la sussistenza nella specie di una radicale violazione degli obblighi e dei doveri deontologici, che devono presiedere alla relazione tra il medico e il suo paziente, una violazione tanto più grave perché realizzata nel corso di una terapia psichiatrica, che vede, per sua stessa natura, uno dei soggetti coinvolti in una condizione di fragilità o di difficoltà personale; di conseguenza ritenendo che la fattispecie, così come ricostruita alla luce delle circostanze del caso concreto (tra le quali il dimostrato contenuto erotico delle comunicazioni tra il medico e la sua paziente), si collocasse ben al di là della norma, che prevede una sanzione di tipo conservativo per le molestie anche di carattere sessuale, e fosse invece da ricondursi nell’area dei comportamenti non compresi specificamente in altre e precedenti previsioni disciplinari ma nondimeno, per la loro gravità, tali da non consentire la prosecuzione del rapporto, neppure in via provvisoria.