Corte di Cassazione, sesta sezione penale, sentenza n 13936 dell’11 aprile 2022
La società ricorrente premette che, con provvedimento del 12 febbraio 2021, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma ha disposto il sequestro preventivo a fini di confisca, ai sensi degli artt. 19, 25 e 53 del d.lgs. n. 231 del 2001, dei saldi attivi esistenti su rapporti finanziari e/o bancari nella titolarità della X S.r.l. sino alla concorrenza dell’importo di euro 45.867.042,00. In data 17 febbraio 2021 il Giudice per le indagini preliminari ha, inoltre, disposto il sequestro nei confronti della società delle polizze n. 03023473400 e n. 03100058948 per un premio complessivo pari ad euro 25.000.000,00. Secondo l’ipotesi di accusa questi beni avrebbero rappresentato il profitto del reato presupposto di traffico di influenze illecite di cui all’art. 346 bis cod. pen., in quanto corrispondenti alla quasi totalità delle provvigioni maturate (per euro 59,705 milioni di euro) e ricevute (euro 48,876 milioni di euro) da A e B, legale rappresentante della X S.r.l., per l’attività di mediazione illecitamente svolta nel corso dell’anno 2020, sfruttando relazioni personali con il Commissario Nazionale per l’emergenza Covid, in ordine alle commesse di forniture di dispositivi di protezione individuale ordinate dal Commissario Straordinario alle società cinesi W,Z.
La società ricorrente precisa, dunque, di aver chiesto al Giudice per le indagini preliminari il parziale dissequestro delle somme al fine esclusivo di pagare le imposte sulle provvigioni lucrate nell’anno d’imposta 2020. Il Giudice per le indagini preliminari avrebbe, tuttavia, rigettar istanza, ritenendola infondata, e la X S.r.l. aveva interposto appello ai sensi dell’art. 322-bis cod. proc. pen
La Direttiva 2014/42/UE relativa al congelamento e alla confisca dei beni strumentali e dei proventi da reato nell’Unione europea, al considerando 17 e 18 sollecita il rispetto del principio di proporzione. In particolare, il considerando 17 contempla l’introduzione di una clausola dell’onerosità, che consenta di non applicare la confisca qualora «essa rappresenti una privazione eccessiva per l’interessato, sulla base delle circostanze del singolo caso, che dovrebbero essere determinanti», aggiungendo, al contempo, che «è opportuno che gli Stati membri facciano un ricorso molto limitato a questa possibilità e abbiano la possibilità di non ordinare la confisca solo quando essa determinerebbe per l’interessato una situazione critica di sussistenza».
Sulla base dei rilievi che precedono deve, pertanto, essere disposto l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Roma per verificare se sussistano gli stringenti presupposti sopra delineati per consentire, in attuazione del canone di proporzionalità della misura cautelare, il dissequestro parziale dei saldi attivi dei conti correnti sequestrati all’ente al solo scopo di consentire il pagamento delle imposte. Il Tribunale di Roma dovrà, pertanto, accertare, sulla base delle allegazioni delle parti: 1) se la società ricorrente possa provvedere al pagamento delle imposte dovute per effetto dell’applicazione dell’art. 14, comma 4, della legge n. 537 del 1993 sulla base delle risorse disponibili o ricorrendo al credito bancario; 2) se l’inadempimento alle imposte dovute ponga a rischio la stessa continuità nella operatività dell’ente. In caso di positivo accertamento delle condizioni predette, il Tribunale potrà disporre il dissequestro parziale delle somme in sequestro al solo fine di consentire l’adempimento del debito tributario ai sensi dell’art. 14, comma 4, della legge n. 537 del 1993 secondo modalità “controllate” e, dunque, in assenza di un amministratore giudiziario che provveda all’incombente, ad esempio mediante il ricorso a forme negoziate con l’amministrazione finanziaria o la costituzione di un conto corrente ad hoc.