Il risarcimento per mancata attivazione del sistema incentivante non è soggetto a tassazione, poichè è danno da perdita di chance

Corte di Cassazione, sentenze nn 14671, 14670, 14664, 14646, 14560 del 10 maggio 2022

Alcuni dirigenti medici lamentavano la mancata attivazione del sistema prescritto dalla contrattazione collettiva, che avrebbe consentito la corresponsione di cd. “compensi incentivanti” . Al riguardo, il giudice del lavoro ha dichiarato l’inadempimento contrattuale dell’A.S.L. e ha disposto un risarcimento a favore dei medici.

L’Agenzia delle Entrate ha emesso a carico di questi degli avvisi di accertamento, ritenendo soggette a tassazione separata le somme percepite.
La Suprema Corte ha stabilito, rigettando le tesi dell’Amministrazione Finanziaria, che il risarcimento per perdita di chance non è soggetto a tassazione, infatti la Corte (cfr. Cass. 07/02/2019, n. 3632, che, in motivazione, menziona anche Cass. n. 29579/2011; in termini, Cass. 12/10/2018, n. 25471) ha recentemente spiegato che «il titolo al risarcimento del danno, connesso alla “perdita di chance”, non ha natura reddituale, poiché consiste nel ristoro del danno emergente dalla perdita di una possibilità attuale.
Per Cass. 21/02/2019, n. 5108, sono assoggettabili a imposta le somme percepite dal lavoratore dipendente, a titolo di risarcimento del danno, se siano volte a reintegrare un danno concretatosi nella mancata percezione di redditi (c.d. lucro cessante), mentre non sono assoggettabili a imposta quelle intese a riparare un pregiudizio di natura diversa (c.d. danno emergente). Tali princìpi sono stati enucleati anche dalla sezione lavoro della Corte (Cass. Sez. L, 03/02/2021, n. 2472), che ripropone la medesima distinzione: sono soggette a tassazione, tra le somme percepite dal lavoratore a titolo risarcitorio, soltanto quelle dirette a reintegrare il lucro cessante derivante dalla mancata percezione di redditi; sono invece fiscalmente esenti le somme liquidate a titolo di danno emergente.

Ritiene il Collegio che la C.T.R. ha errato nella qualificazione giuridica del danno come avente natura essenzialmente retributiva e non invece quale danno da perdita di chance e conseguenzialmente ha errato nel confermare la ripresa a tassazione in base al disposto dell’art. 6, comma 2, t.u.i.r. trattandosi di somme percepite dal lavoratore a titolo di danno emergente, in quanto tali non costituenti reddito imponibile.
La Corte ha anche condannato l’Agenzia delle entrate al pagamento delle spese del giudizio di legittimità per tutti i ricorsi

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