Corte di Cassazione, sentenza n. 24379 del 5 agosto 2022
Questa S.C. ritiene di dare continuità al proprio orientamento secondo cui «in tema di prestazioni a carico del S.S.N., l’art. 30 della L. 730/ 1983 – che per la prima volta ha menzionato le attività di rilievo sanitario connesse con quelle assistenziali – deve essere interpretato, alla stregua della L. 833/1978 che prevede l’erogazione gratuita delle prestazioni a tutti i cittadini, entro i livelli di assistenza uniformi definiti con il piano sanitario nazionale, nel senso che, nel caso in cui oltre alle prestazioni socio- assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, tale attività, in quanto diretta in via prevalente alla tutela della salute, va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto di competenza del S.S.N.» (Cass. 9 novembre 2016, n. 22776), con assetto ribadito, rispetto al successivo sistema di cui all’art. 3- septies del d. lgs. 502/1992, quale introdotto d. lgs. 229/1999, nel senso che l’ospitalità in apposite residenze rientra in ambito esclusivamente sanitario, con le più forti garanzie di gratuità di cui al SSN, non tanto in ragione della «situazione di limitata autonomia del soggetto, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale» ove gli si prestano anche cure, ma per la «individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato» che, per le sue intrinseche caratteristiche, «non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socioassistenziale» (Cass. 28 settembre 2017, n. 28321; poi in senso analogo, v. Cass. 13 dicembre 2021, n. 39438; Cass. 27 marzo 2021, n. 21528 ed anche Consiglio di Stato, sez. V, 16 giugno 2003, n. 3377; Cons., Stato, sez. V. 10 febbraio 2004, n. 479), la cui inscindibilità comporta l’intero e definitivo carico pubblico dei costi (Cass. 22776/2016 cit.).
In breve, la fornitura di cure o di copertura sanitaria che siano prestate presso la struttura residenziale ove il disabile sia accolto mantiene la distinzione tra costi sanitari (a carico del SSN) e costi residenziali (a carico del Comune), ma ciò non più quando sia proprio la struttura a rendere possibile la contestuale accoglienza residenziale e la prestazione di un’adeguata assistenza terapeutica; queste ultime caratteristiche sono esattamente quelle accertate dalla Corte territoriale, secondo quanto sopra riepilogato, e, si osserva, esse trovano piena conferma nel verbale della Commissione Paritetica, trascritto integralmente nel ricorso del Comune di Padova, ove il carico del 100 % al SSN fu definito sulla base dell’esigenza di una struttura in cui «sia possibile un contenimento ed un monitoraggio farmacologico», sicché ne resta individuato un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione assistenziale (Cass. 28321/2017 cit.; Cass. 22776/2016, cit., quest’ultima cui si fa rinvio anche per ulteriori dettagli normativi); del resto, è indubbio che i predetti interventi, ove intesi rispetto ad un disabile psichico, hanno nel loro insieme caratura terapeutica, dovendosi rettamente intendersi per salute, in tali situazioni, la salvaguardia della persona in modo da assicurare le condizioni attraverso cui essa possa essere non pericolosa per sé o per gli altri, sotto controllo medico atto ad assicurare al contempo cura e dignità (v. ancora Cass. 22776/2016 cit.).