L’IRAP sull’intramoenia non può essere chiesta in restituzione, ma può essere compresa ab origine nelle tariffe

Corte di Cassazione, sentenza n. 24888 del 18 agosto 2022 

Venendo al tema che più specificamente rileva nella fattispecie, ossia quello dell’incidenza dell’IRAP dovuta dalle Aziende sui compensi corrisposti al personale per le prestazioni rese in regime libero professionale, occorre ribadire in premessa il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui l’imposta regionale sulle attività produttive, che presuppone «l’esercizio abituale di una attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi» ( art. 2 della legge n. 446/1997), grava sull’azienda sanitaria e non sul dipendente che rende la prestazione (Cass. n. 199/2016; Cass. 2333/2016; Cass. n. 155/2020).

Ciò implica che, come affermato dalle pronunce citate, l’ammontare dell’imposta non può essere oggetto di «traslazione», nel senso che l’Azienda non può pretendere di porla ad esclusivo carico del dipendente, una volta determinate le quote rispettivamente spettanti, e detrarla dal compenso a quest’ultimo dovuto, perché in tal caso e, a maggior ragione nell’ipotesi in cui si chieda la restituzione di somme già corrisposte, si finirebbe per far gravare l’obbligo impositivo su un soggetto diverso da quello che esercita l’attività produttiva del servizio.

Il principio, qui ribadito, va, peraltro, correttamente inteso, perché dallo stesso non discende l’assoluta irrilevanza dell’ammontare dell’imposta ai fini della determinazione delle tariffe e delle quote rispettivamente spettanti all’Azienda e al sanitario che rende la prestazione professionale.

Si è già detto, nel ricostruire il quadro normativo e contrattuale, che l’attività libero professionale in regime di intra moenia non può risolversi in un aggravio di costi per il Servizio Sanitario Nazionale, tenuto, quanto agli aspetti contabili della gestione, al rispetto del principio del necessario pareggio.

Tutte le disposizioni richiamate nei punti che precedono obbligano le aziende e le parti collettive a tener conto, dapprima in sede di contrattazione decentrata e, poi, nell’adozione degli atti datoriali che le indicazioni concordate recepiscono, dell’ammontare complessivo dei costi, diretti e indiretti, che gravano sull’Azienda, ossia di tutte le voci di spesa che, a livello contabile, derivano, direttamente o indirettamente, dall’attività intramuraria, fra le quali rientra il maggior importo dell’imposta che l’Azienda è tenuta a versare in conseguenza dell’aumento della base imponibile determinata ai sensi dell’ari:. 10 bis della legge n. 446/1997.

Quell’importo va apprezzato sia nella determinazione delle tariffe, che devono essere satisfattive delle spese e delle quote rispettivamente spettanti alle parti del rapporto, sia nella ripartizione di quanto incassato per effetto dell’attività intramuraria, ripartizione che deve essere effettuata sulla quota che residua dopo avere assicurato la copertura delle spese.

In altri termini, così come accade in altri comparti della Pubblica Amministrazione, dell’IRAP occorre tener conto ai fini della copertura degli oneri del personale e della determinazione della provvista (cfr. Cass. n. 21398/2019).

Sulla base dei richiamati principi, pertanto, non si ravvisa alcuna violazione di norma imperativa nell’ipotesi in cui la contrattazione integrativa e gli atti regolamentari che la stessa recepiscono prevedano la detrazione dal quantum ripartibile del maggior importo gravante sull’Azienda a titolo di IRAP, posto che una previsione siffatta non realizza una non consentita traslazione dell’imposta, che resta a carico dell’ente, bensì attua il principio, al quale più volte si è fatto riferimento, secondo cui dall’esercizio dell’attività libero professionale non devononel rispetto dei principi sui quali si incentra il d.lgs. n. 165/2001, le cui disposizioni, pur nella diversità delle formulazioni succedutesi nel tempo, hanno sempre perseguito l’obiettivo di armonizzare l’avvenuta contrattualizzazione del rapporto di impiego pubblico con l’esigenza primaria di garantire il controllo ed il contenimento della spesa, esigenza dalla quale derivano, da un lato, il divieto per il datore di corrispondere trattamenti economici che non trovino fondamento nella contrattazione collettiva o nella legge (ciò, perché entrambe dette fonti presuppongono la previa valutazione della sostenibilità finanziaria), dall’altro la previsione di nullità delle clausole della contrattazione integrativa non compatibili con i vincoli di bilancio delle amministrazioni. derivare oneri aggiuntivi per il Servizio Sanitario Nazionale.

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