Corte di Cassazione, sentenza n. 27536 20 settembre 2022
Certamente errata è l’affermazione secondo cui la mancata impugnazione (tra l’altro) della delibera comunale renderebbe inattaccabile quest’ultima nel giudizio tributario avente ad oggetto la contestazione dell’Ici su di essa fondata quanto a valore venale del bene e, dunque, a base imponibile ex art.5 co. 5^ d.lgs 504/92.
Al contrario, la mancata impugnazione in via diretta e principale avanti al giudice amministrativo non esclude che il giudice tributario possa e debba disapplicare incidentalmente l’atto amministrativo generale di natura presupposta (quale deve ritenersi la delibera in questione); sempre, ben inteso, entro i motivi di impugnazione dedotti dalla parte in relazione all’atto impositivo impugnato e quindi, in definitiva, entro i confini della domanda di parte.
Il potere-dovere di disapplicazione, sancito dall’articolo 7 d.lgs 546/92, non poteva dunque essere qui a priori escluso per il solo fatto che la contribuente non avesse impugnato avanti al giudice amministrativo la delibera in questione, atteso che tra i motivi dell’impugnazione dell’avviso di accertamento Ici vi era appunto la contestazione della conformità del valore venale indicato in delibera (e recepito in avviso) rispetto ai parametri legali di cui all’articolo 5 comma 5 cit.. Si trattava di contestazione rituale, perché originariamente mossa e poi riproposta nei motivi di appello.
Va inoltre aggiunto che la sentenza in esame, in conseguenza di quell’impostazione, neppure avverte la necessità di chiarire perché le doglianze così mosse dalla contribuente alla delibera posta a base dell’avviso di accertamento non integrassero cause di illegittimità della delibera medesima, tali da indurne la eventuale disapplicazione ex art.7 cit..