Consiglio di Stato, sentenza n. 9443 del 31 ottobre 2022
Il ricorrente lamenta che il Tar, pur avendo riconosciuto la responsabilità del Comune di Molfetta per il colpevole ritardo aveva respinto la domanda di risarcimento del danno ritenendola non provata.
La censura non è fondata alla luce del consolidato e condiviso orientamento giurisprudenziale secondo cui il risarcimento del danno per ritardo nel provvedere, non può essere riconosciuto qualora non sia stata dimostrata la spettanza del bene della vita, ovvero non si dimostri che l’amministrazione avrebbe dovuto accogliere, con ragionevole probabilità, la richiesta avanzata dal privato (Consiglio di Stato, Sez. II, 25 giugno 2021, n. 4861; Sez. III, 2 novembre 2020 n. 6755).
L’espresso riferimento al “danno ingiusto” contenuto nell’art. 2 bis della legge n. 241/1990, così come nel secondo comma dell’art. 30 c.p.a. – secondo cui può essere chiesta la condanna al risarcimento del danno ingiusto derivante dall’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal “mancato esercizio di quella obbligatoria” – induce invero a ritenere che per poter riconoscere la tutela risarcitoria in tali fattispecie, come in quelle in cui la lesione nasce da un provvedimento espresso, non possa prescindersi dalla spettanza del bene della vita sotteso all’istanza presentata, atteso che è soltanto la lesione di quest’ultimo che qualifica in termini di ingiustizia, e lo rende risarcibile, il danno derivante dal provvedimento illegittimo e colpevole dell’amministrazione o dalla sua colpevole inerzia.
L’ingiustizia del danno e, quindi, la sua risarcibilità per il ritardo dell’azione amministrativa è dunque configurabile solo ove il provvedimento favorevole sia stato adottato, sia pure in ritardo, dall’autorità competente, ovvero avrebbe dovuto essere adottato, sulla base di un giudizio prognostico effettuabile sia in caso di adozione di un provvedimento negativo in esito al procedimento sia in caso di inerzia.
In altri termini, il riferimento per la risarcibilità del danno al concetto di “danno ingiusto”, ove la posizione considerata e tutelata sia quella avente ad oggetto il bene della vita richiesto con l’istanza che ha dato origine al procedimento, non può che postulare la subordinazione dell’accoglimento della domanda risarcitoria all’accertamento della fondatezza della pretesa avanzata, altrimenti si perverrebbe alla conclusione paradossale e contra legem di risarcire un danno non ingiusto (cfr. Consiglio di Stato, Sezione IV, n. 7622 del 1° dicembre 2020).