Tar Catania, sentenza n. 311 del 31 gennaio 2023
Come noto, l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 4 del 2018, ha affermato il principio di diritto secondo cui le clausole del bando di gara, che non rivestano portata escludente, possono essere impugnate unicamente dall’operatore economico che abbia partecipato alla gara o manifestato formalmente il proprio interesse alla procedura.
Al fine di comprendere le ragioni per le quali tale principio non è applicabile alla controversia in esame, va rilevato che l’accreditamento relativo ai servizi sociali è, al pari quello riferito ai servizi sanitari, un titolo – o, in chiave oggettiva, una modalità di esecuzione del servizio – di carattere abilitativo-concessorio mediante il/la quale un soggetto privato viene “attratto” entro la sfera organizzativa pubblicistica del servizio pubblico sanitario, acquisendo la conseguente legittimazione ad operare “in luogo” dell’Amministrazione, originaria ed istituzionale titolare della funzione assistenziale, e riversando i costi del servizio a carico della stessa, secondo i criteri ed entro i limiti prefissati a livello contrattuale (in termini Consiglio di Stato, III, 27 ottobre 2022, n. 9148 con richiami a sentenze della stessa sezione n. 1206 del 27 febbraio 2018 e n. 6954 del 18 ottobre 2021).
Ne deriva che la presentazione dell’istanza di partecipazione non è necessaria ai fini dell’impugnazione delle clausole non escludenti in quanto non si tratta di una gara in senso stretto e, pertanto, non si determina nessun effetto preclusivo
Ciò posto in rito, può procedersi all’esame del primo motivo con cui si deduce che la prevista durata triennale dell’accreditamento contrasta con: i principi di economicità, efficacia, imparzialità, pubblicità, trasparenza, libera concorrenza di cui all’art. 1 della l. n. 241 del 1990 e d’imparzialità di cui all’art. 97 della Costituzione; gli artt. 1, 8 e 11 della legge 328/2000 che orientano la regolamentazione dei servizi sociali verso i principi di sussidiarietà cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità.
La doglianza è fondata secondo quanto di seguito precisato.
Va, in primo luogo, richiamato il condiviso orientamento giurisprudenziale – relativo all’analogo settore dei servizi sanitari – secondo cui contrasta con i principi concorrenziali di matrice euro – unitaria il consolidamento della posizione di plusvalore concorrenziale conseguente all’accreditamento a scapito della necessaria verifica, periodica e trasparente, dell’eventuale maggiore efficienza e qualità di soggetti aspiranti. Si è, sotto tale profilo, richiamato quanto più volte affermato dall’Autorità garante per la concorrenza ed il mercato in merito alla necessità di evitare il congelamento delle posizioni dei già accreditati conseguente a restrizioni indebite del numero degli operatori. Si è concluso nel senso che solo una valutazione periodicamente rinnovata e aperta alla comparazione tra chi è già accreditato e chi aspira ad esserlo può rispondere alla migliore e più efficiente allocazione delle risorse disponibili, con la precisazione che, quanto più la valutazione è periodica, cioè dinamica, e quanto meno si consolidano posizioni di vantaggio in singoli operatori, tanto più potranno emergere efficienza e risparmio a vantaggio della spesa pubblica (Consiglio di Stato, III, 4 febbraio 2021, n. 1043).
Tali consolidati principi vanno coordinati con quelli – parimenti consolidati – che evidenziano come il sistema dell’accreditamento risponda ad esigenze di efficienza ed economicità dell’azione amministrativa, in quanto esonerano l’Amministrazione dall’onere di verificare, in occasione della concreta erogazione delle prestazioni e fermo restando il suo potere di controllo e vigilanza sulle modalità di svolgimento del servizio, la sussistenza dei relativi requisiti qualitativi, tecnici ed organizzativi (in termini la succitata sentenza n. 9148 del 2022).