Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, sentenza n 117 del 21 aprile 2023
Devesi dunque constatare che, fino alla riformulazione dell’art. 86, comma 5, TUEL avvenuta nel 2015, nessuna norma di legge regolava espressamente la possibilità per gli enti locali di disporre il pagamento o il rimborso di spese legali sostenute da propri amministratori per la difesa in giudizio inerente a fatti connessi all’esercizio delle proprie funzioni.
A fronte di tale “vuoto legislativo”, il tema è stato assai spesso affrontato dalla giurisprudenza, sia civile che amministrativa e contabile, senza tuttavia il raggiungimento di soluzioni univoche sulla maggior parte delle questioni oggetto di definizione.
Un dato certo è, tuttavia, che, oltre alle sentenze (per la verità piuttosto risalenti) citate dall’attore erariale a sostegno della tesi accusatoria, si registravano altresì varie posizioni assunte in non poche altre pronunce (rese, nel caso della Corte dei conti, anche nelle sedi di controllo e consultiva) tendenzialmente favorevoli ad ammettere la possibilità per un ente locale di assumere a carico del pubblico bilancio gli oneri relativi alla difesa di amministratori coinvolti, in ragione dell’esercizio delle proprie attribuzioni, in procedimenti penali conclusi con sentenza assolutoria.
A tale conclusione, i giudici sono pervenuti seguendo percorsi argomentativi anche differenti tra loro, ovvero: talvolta assimilando l’incarico di amministratore locale all’istituto generale del mandato e riconducendo quindi la fattispecie nell’ambito di applicazione dell’art. 1720 c.c. (cfr.: ex pluribus, Cass. civ. III, sent. 1557/2019; Cons. St. V, sent. n. 2146/2021; Sez. giur. Puglia n. 787/2012); talaltra invocando l’esistenza di un principio generale fondamentale dell’ordinamento secondo il quale chi agisce per conto di altri, in quanto legittimamente investito del compito di realizzare interessi estranei alla sfera personale, non deve sopportare gli effetti svantaggiosi derivanti dalla fedele esecuzione dell’incarico ricevuto, e da ciò derivando che il diritto al rimborso delle spese di patrocinio legale non poteva essere circoscritto ad alcuni soggetti ed escluso per altri (cfr. Sez. II centr. App., sent. n. 522/2010); o ancora, similmente, ritenendo che l’esigenza di tutelare economicamente i soggetti che agiscono nell’interesse pubblico, qualora ingiustamente coinvolti in procedimenti penali per fatti connessi all’adempimento del mandato, sia rispondente ad un canone di ragionevolezza ed equità (cfr. Sez. contr. Lombardia, delib. n. 86/2012/PAR) o persino espressione di civiltà giuridica (cfr. Sez. contr. Lazio, delib. n. 14/C/2004); oppure riconoscendo che trattasi di determinazioni rientranti nell’ambito riservato delle scelte discrezionali dell’amministrazione agente e quindi rimesse al prudente apprezzamento dei suoi organi decisionali, i quali devono valutare se, nel caso concreto, ricorrano i presupposti di rispondenza alla tutela di interessi pubblici per poter procedere al rimborso in parola (cfr.: Cons. St. V, sent. n. 2242/2000; Cass. civ. I, sent. n. 15724/2000; Sez. contr. Veneto, delib. n. 334/2013/PAR).
In un siffatto contesto di incertezza normativa e di non sicuri approdi ermeneutici si sono venuti a trovare gli odierni convenuti, dei quali diventa a questo punto rilevante verificare l’azione amministrativa in concreto posta in essere mediante, come detto, la deliberazione del Consiglio comunale n. 72/2018, la relativa conforme proposta di approvazione di cui alla deliberazione della Giunta comunale n. 228/2018 ed i pareri di regolarità tecnica e contabile su entrambi i provvedimenti.
In estrema sintesi, tale determinazione, pur rilevando in diritto che la normativa dell’epoca in cui si era svolto il giudizio penale disciplinava la materia solo con riferimento ai dipendenti degli enti, ha poi citato varie precedenti pronunce che hanno riconosciuto analoga possibilità di rimborso delle spese giudiziarie anche riguardo agli amministratori locali, o partendo dal principio ex art. 51 Cost. per cui tutti i cittadini hanno il diritto di accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza (Corte dei conti, Sezioni riunite n. 501/1986), oppure richiamando l’applicazione dei principi e delle norme sul mandato (Sez. giur. Puglia, sent n. 787/2012) o di principi di civiltà giuridica (Sez. contr. Lazio, delib. n. 14/C/2004), o ancora rimettendo la decisione alla rigorosa valutazione dell’ente (Sez. giur. Basilicata, sent n. 196/2012). Ha poi rammentato la giurisprudenza che aveva già affermato l’ammissibilità del rimborso ex post delle spese legali, in quanto non escludibile in ragione della sola mancata espressione di assenso preventivo sulla scelta del difensore (Tar Abruzzo n. 108/1997, Tar Veneto n. 1505/1999, Sez. contr. Veneto, delib. n. 184/2012/PAR e n. 285/2012/PAR).
Alla luce delle considerazioni complessivamente suesposte, questo Collegio ritiene in definitiva che, a carico degli odierni convenuti, non possa configurarsi una marcata ed inescusabile trasgressione della normativa applicabile ratione materiae ai fatti in questione o delle ordinarie regole di diligenza e cautela dell’agire amministrativo.In sostanza, in base ad un giudizio prognostico doverosamente condotto ex ante e in concreto (cfr.: Sez. II centr. App., sent. n. 246/A/1999; Sez. riun. n. 56/A/1997), e tenuto conto della specificità delle funzioni e qualifiche rivestite, non si rinvengono nella condotta dei convenuti gli elementi integranti l’elemento psicologico della colpa grave, necessario ai fini dell’addebito di responsabilità erariale.