Decreto semplificazioni: per le notifiche validi tutti gli indirizzi, non solo REGINDE

Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76, Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale

L’articolo 28 indica come validi per notificazioni e comunicazioni in materia civile, penale, amministrativa e stragiudiziale, anche gli elenchi che la giurisprudenza, non senza oscillazioni, aveva ritenuto non validi, ed in particolare:

-Indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti

– Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche e degli altri enti di diritto privato, non tenuti all’iscrizione in albi professionali o nel registro delle imprese

– Anagrafe nazionale della popolazione residente -ANPR del CAD

– registro delle imprese corredato dagli indirizzi PEC o analogo indirizzo di posta elettronica

– registro generale degli indirizzi elettronici gestito dal Ministero della giustizia

Si prevede inoltre che in caso di mancata indicazione nell’elenco di indirizzi PEC, la notificazione degli atti alle pubbliche amministrazioni (in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale) è validamente effettuata, a tutti gli effetti, al domicilio digitale indicato nell’Indice dei domicili digitali delle pubbliche amministrazioni e dei gestori di pubblici servizi, di cui all’articolo 6-terdel CAD

La riforma del danno erariale è un elogio dell’incompetenza e dell’inettitudine

Il decreto “semplificazioni” (Decreto-Legge 16 luglio 2020, n. 76) ha modificato, limitandola, la responsabilità per danno erariale, introducendo due modifiche:

1) la responsabilità è ammessa solo in caso di volontà dell’evento dannoso;

2) per un periodo transitorio fino a luglio 2021, la responsabilità è limitata ai casi in cui la produzione del danno conseguente alla condotta del soggetto agente è da lui dolosamente voluta.

Nel nostro ordinamento, fino ad oggi, la responsabilità dinanzi alla Corte dei Conti dei funzionari pubblici era prevista solo in caso di colpa grave o dolo.

Ma cosa significa?

Si potrebbe, mischiando per forza di cose concetti della disciplina civilistica e della disciplina penalistica, prevedere una sorta di “scala” dei gradi dell’elemento soggettivo previsti dal nostro ordinamento:

– colpa lieve

– colpa grave

– dolo, come volontà dell’evento

– dolo, come volontà dell’effetto (in diritto penale, si avvicina al concetto di “dolo specifico”).

Nella responsabilità innanzi alla Corte dei Conti i funzionari pubblici rispondevano non di ogni illegittimità, ma solo a titolo di colpa grave o dolo. Quindi, se un funzionario aveva sbagliato, ma in effetti sulla questione c’era confusione legislativa o comunque la fattispecie era complessa, o c’erano altri elementi che rendono la colpa solamente “lieve”, allora non rispondeva per danno erariale.

Con la riforma appena approvata, invece, il funzionario risponde solo se la Corte dei Conti riesce a provare il dolo, cioè la volontà di compiere l’azione e di violare la legge.

Orbene, tale prova spesso risulta di difficile dimostrazione, anche perché il processo contabile è essenzialmente un processo documentale.

Spesso nella pubblica amministrazione la prova del dolo si raggiunge solamente con poteri istruttori straordinari (intercettazioni, accesso ai conti correnti, ecc…), di cui non dispone la Corte dei Conti.

Fino ad oggi nel giudizio contabile provare il dolo o la colpa grave aveva un’importanza limitata a pochi casi, per cui, per ciò che concerne l’elemento soggettivo, si scriveva che l’atto illegittimo era stato adottato “quantomeno con colpa grave”. Altre volte, nei casi più gravi (p.es.: corruzione), la Corte dei Conti attendeva la fine del processo penale, recependo le conclusioni dello stesso, ritenendo provato il dolo nei soli casi in cui il giudice, con i mezzi istruttori straordinari di cui è dotata la magistratura nelle indagini penali, ritenesse provato il dolo.

Un funzionario oggi, invece, potrebbe motivare l’atto con riferimenti sbagliati o argomentazioni sbagliate, rischiando di sembrare tuttalpiù un ignorante o uno stupido, ma finirebbe per evitare il danno erariale. Finirebbero per “non pagare” tanti funzionari di cui si prova la colpa, l’imperizia, la negligenza, ma non il dolo.

Faccio un esempio: crolla un ponte, muoiono tante persone e lo Stato è costretto a risarcire tutte le vittime. La pubblica amministrazione chiede di rivalersi sui funzionari che non hanno curato la manutenzione, ma se i funzionari in questione dimostrano che non hanno voluto volontariamente violare la legge (anche perché non avevano interesse a violare la legge), ma semplicemente non hanno fatto la manutenzione solo perché palesemente inadeguati, incompetenti e superficiali, i funzionari non rispondono di danno erariale.

Facciamo un altro esempio: un medico sbaglia in maniera evidente (ripeto evidente, perché in caso di colpa lieve già prima non rispondeva di danno erariale) una terapia o una diagnosi, non risponderà di danno erariale, tranne il caso in cui la Corte dei Conti provi che ha voluto fare del male al paziente (casi rarissimi, per fortuna).

Ancora un altro esempio: siamo nel mezzo di un’epidemia, allora un direttore sanitario, poichè incapace di gestire l’emergenza, non adotta nessuna misura per contrastarla, omettendo di comprare i dispositivi di protezione, omettendo di verificare l’adozione di adeguate misure di sicurezza, ecc… Dato che è ovvio che il direttore sanitario in questione non ha nessun interesse alla diffusione della pandemia, l’unico motivo per cui non ha fatto il suo dovere causando morti, anche tra i lavoratori, è stata la marchiana e grossolana incompetenza. Orbene, secondo la novella legislativa, non dovrà rispondere del danno erariale provocato alle casse dello Stato e derivante, per esempio, dai risarcimenti e da tutti i soldi spesi in più per bloccare una pandemia che poteva essere bloccata prima. La sua assicurazione sarà al sicuro da pretese risarcitorie, e, dulcis in fundo, non dovrà nemmeno preoccuparsi in futuro di stipulare una polizza.

Infatti, per tranquillizzare i garantisti e coloro che si mettono nei panni dei funzionari incompetenti, ricordo pure che di solito funzionari e medici stipulano una polizza assicurativa che li tiene indenni dalla responsabilità per danno erariale, tranne il caso di dolo. Tale polizza ha un premio accessibile (tranne casi rari, per esempio alcuni medici come i ginecologi, in cui il prezzo si alza).

Ora, con tale riforma, resteranno impunite tutte quelle condotte caratterizzate da incompetenza grave, mancanza grave di attenzione, superficialità marchiana, ecc…

E’ un po’ l’apoteosi dell’incompetenza: più sei incompetente, più sei al riparo dalla Corte dei Conti. Verrebbe quasi da essere tentati di porre nei posti chiave funzionari e dirigenti incompetenti e palesemente inadeguati, per pre-costituirsi l’alibi della colpa grave, ed evitare l’accusa di dolo.

Bene, quindi rimescoliamo tutto e mettiamo gli avvocati a capo dei servizi finanziari e i laureati in economia a decidere la strategia processuale nel contenzioso, gli ingegneri a capo di servizi dove non serve a niente una laurea in ingegneria, e i filosofi a capo dell’Ufficio Urbanistica e Lavori Pubblici, perché, ormai, l’incompetente e lo stupido non paga, mentre a rischiare di essere accusati di adottare un atto illegittimi con consapevole volontà, sono rimasti solamente quelli bravi.

Stato di emergenza: cosa è e cosa prevede. Facciamo un po’ di chiarezza

Lo stato di emergenza dichiarato a gennaio dal Governo per sei mesi, e in procinto di essere prorogato di altri sei mesi, ha dato il via alla gestione dell’emergenza da COVID-19.
Da quel momento vi è stata l’adozione di una pletora di provvedimenti, non sempre organici e spesso limitanti le libertà personali (libertà di circolazione, libertà di impresa, ecc…). Ma lo “stato di emergenza” cosa è realmente? E, soprattutto, cosa prevede?
Innanzitutto vi è da dire che la nostra Costituzione non prevede lo “stato di emergenza”, se non per una guerra (Cost. art. 78 “Le Camere deliberano lo stato di guerra e conferiscono al Governo i poteri necessari”). Ciò porta con sè delle conseguenze importantissime: nessuno stato di emergenza, diverso dallo “stato di guerra”, può giustificare provvedimenti in deroga alle norme costituzionali. Quindi tutti i diritti civili, politici, le libertà individuali, i rapporti e le competenze istituzionali devono rimanere inalterati, e non possono subire modifiche. Ciò significa, per esempio, che la mia libertà personale può essere limitata solo nelle forme previste dalla Costituzione (per legge o per provvedimento dell’autorità giudiziaria), oppure che le leggi le continua a fare il Parlamento, o, ancora, che le Regioni conservano la loro autonomia per le materia di competenza esclusiva regionale.
Ma allora, a cosa serve lo “stato di emergenza” se non a dare “poteri speciali” al Governo?
Per comprendere meglio ci può aiutare il primo capoverso del preambolo della Delibera del Consiglio dei Ministri del 31 gennaio:” Visto il decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, ed in particolare l’articolo 7, comma 1, lettera c), e l’articolo 24, comma 1”
Il decreto legislativo citato è il “Codice della protezione civile”, cioè quel “corpus” di norme che disciplinano l’agire della Protezione Civile.
L’art. 7 comma 1 divide le emergenze in quelle che possono essere fronteggiate in via ordinaria (lett. a), quelle che devono essere coordinate dalle Regioni (lett. b) e quelle nazionali, che prevedono un coordinamento nazionale (lett. c), cioè il caso della pandemia da COVID-19.
L’art. 24, trattando delle emergenze nazionali, dispone al comma 1 “Al verificarsi degli eventi che,…presentano i requisiti di cui all’articolo 7, comma 1, lettera c), …. il Consiglio dei ministri, …delibera lo stato d’emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l’estensione territoriale “.
Ma quale può essere la durata massima? Il comma 3 dispone che non puo’ superare i 12 mesi, ed e’ prorogabile per non piu’ di ulteriori 12 mesi. E qui la prima sorpresa, infatti i media spesso hanno parlato di una durata di 6 mesi + 6.
In effetti la normativa pre-vigente fissava una durata non superiore a 180 giorni prorogabile per non più di ulteriori 180 giorni (art. 5, comma 1-bis, della L. 225/1992).
Torniamo alla domanda iniziale: a cosa serve lo stato di emergenza? Come dice lo stesso titolo del d.lgs. 2018 n. 1 (Codice della Protezione Civile), semplicemente ad individuare nella Protezione Civile il soggetto che è deputato al coordinamento di tutte le iniziative. Per fare un esempio, alcuni interventi sicuramente coinvolgerebbero più Ministeri, mentre così si individua in un unico soggetto l’ente competente all’adozione di tutte le iniziative. Inoltre, per esempio, la Protezione Civile può procedere direttamente alle’assunzioni di personale necessarie o per gli acquisiti di materiale.
Cosa non prevede lo stato di emergenza? Lo stato di emergenza, come abbiamo visto, non può incidere sulle libertà personali, sui diritti civili e politici, sui rapporti tra gli organi costituzionali.
Quindi, per fare un esempio, riguardo la libertà di circolazione, la Costituzione prevede che “ogni cittadino può circolare e soggiornare liberamente in qualsiasi parte del territorio nazionale, salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale per motivi di sanità o di sicurezza”. Di conseguenza, la libertà di circolazione può essere limitata solo da una legge, e per legge si deve intendere la legge approvata dal Parlamento o altro atto avente forza di legge (decreto legge o decreto legislativo). Un’ordinanza della Protezione Civile o un DPCM non possono limitare le libertà dei cittadini. E ancora, una nuova sanzione o un nuovo reato potranno essere introdotti solo dalla legge. Il Parlamento dovrà continuare a lavorare, e, nel caso in cui servisse una legge, questa dovrà essere approvata seguendo tutte le procedure parlamentari previste.
Sicuramente stanno passando nella nostra mente tutti i provvedimenti adottati in questo periodo (ordinanze, DPCM, ecc…), che non sempre sono stati rispettosi delle garanzie costituzionali.
Quindi ricordiamoci che le garanzie costituzionali non possono essere derogate, che lo “stato di emergenza” può durare fino a 24 mesi.
Infine, come cittadini, ricordiamo che il decreto legislativo sulla trasparenza prevede che le pubbliche amministrazioni che adottano provvedimenti di carattere straordinario in caso di calamita’ naturali o di altre emergenze,… pubblicano:
a) i provvedimenti adottati, con la indicazione espressa delle
norme di legge eventualmente derogate e dei motivi della deroga,
nonche’ l’indicazione di eventuali atti amministrativi o
giurisdizionali intervenuti;
b) i termini temporali eventualmente fissati per l’esercizio dei
poteri di adozione dei provvedimenti straordinari;
c) il costo previsto degli interventi e il costo effettivo
sostenuto dall’amministrazione.