Consiglio di Stato, parere n. 93 del 12 gennaio 2023
Continue readingTag Archives: pubblico impiego
La prestazione lavorativa resa sulla base di un titolo falso, non reca nessuna utilità all’ente e gli stipendi vanno integralmente restituiti
Cambiano i concorsi: ammessi gli stranieri, rifugiati o soggiornanti di lungo periodo
Consiglio dei Ministri n. 97 del 5 Ottobre 2022
Continue readingGli obblighi di trasparenza dei rapporti di lavoro si applicano anche ai lavoratori occasionali della P.A.?
Il d.lgs. 104/2022 all’art. 1 definisce l’ambito di applicazione della norma
Continue readingAi docenti va riconosciuto il servizio prestato da precario nella scuola materna, anche per l’immissione in ruolo nella scuola secondaria
Lo svuotamento dell’attività lavorativa esula dal concetto di equivalenza delle mansioni
I rapporti di pubblico impiego sorti sulla base di una legge incostituzionale, sono nulli e non possono continuare
Legittimo il licenziamento per tre giorni di assenza ingiustificata in due anni
La norma sul pantouflage (o revolving door) non si applica nel passaggio da soggetto pubblico a società in house
La titolarità di quote di una società agricola determina incompatibilità per l’impiegato pubblico
Le Regioni non possono legiferare in termini di stabilizzazioni e accesso al pubblico impiego: lo ribadisce (per l’ennesima volta) la Corte Costituzionale
Smart working non più di default: si rientra in ufficio.
In caso di attività incompatibili, la decadenza dal pubblico impiego non ha natura sanzionatoria, e la restituzione degli emolumenti ha solo natura risarcitoria
Dal demansionamento al danno erariale il passo è breve, brevissimo, se i procedimenti affidati al dipendente pubblico non hanno lo stesso grado di complessità
La legge contro i furbetti del cartellino dichiarata parzialmente incostituzionale: una fine annunciata.
Con la sentenza n. 61 depositata il 10 aprile 2020, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del secondo, terzo e quarto periodo del comma 3-quater dell’art. 55-quater del d.lgs. n. 165 del 2001, come introdotto dall’art. 1, comma 1, lettera b), del d.lgs. n. 116 del 2016, che prevedeva, tra l’altro, il danno all’immagine della pubblica amministrazione da parte del dipendente assenteista, nella misura predeterminata di almeno sei mensilità.
La Corte ha ritenuto che non fosse presente nella legge delega la possiblità di introdurre modalità di stima e quantificazione del danno all’immagine, poichè così si è costituita una un’autonoma fattispecie di responsabilità amministrativa non consentita dalla legge di delega.
Purtroppo la decisione non coglie di sorpresa, perchè già prima dell’emanazione del decreto legislativo la Corte dei Conti e il Consiglio di Stato avevano espresso forti dubbi sulla disposizione ora dichiarata illegittima.
Infatti la Corte dei Conti, nel, documento per l’audizione del 16 maggio 2016, al punto “6. Il danno all’immagine dell’amministrazione”, aveva dichiarato:” Le previsioni di cui si parla, per quanto in astratto condivisibili, ineriscono, tuttavia, a una materia – la responsabilità amministrativa e la relativa giurisdizione – decisamente estranea all’ambito oggettivo della legge di delega, né si può dire che esse si pongano “in coerente sviluppo” e in una logica di “completamento” con le scelte del legislatore delegante, così legittimando – secondo la consolidata giurisprudenza costituzionale (v., fra le altre,
Corte cost. n. 219/2013 4 ) – l’intervento del legislatore delegato”
Analoga osservazione era stata pure formulata dal Consiglio di Stato nel suo parere parere n. 864/2016:” Il punto, che però qui rileva, è se una procedura così come formalmente e puntualmente disciplinata dal comma 3-quater rientri o meno nell’ambito del potere delegato al Goveno dal legislatore delegante.
Sotto il profilo del rispetto della delega e del criterio direttivo fissato dall’articolo 17, comma 1, lett. s), della legge delega, la Sezione nutre invero seri dubbi in ordine alla compatibilità con essi della disposizione in esame.”
Quindi, dovrebbe essere evidente che in uno Stato democratico e di diritto i decisori politici non possono emanare provvedimenti che costituiscono uno “strappo” all’ordinamento giuridico esistente, pena, come in questo caso, disordine e incertezza normativa.